mercoledì 20 aprile 2022

PROPOSTA per un TENTATIVO DI PACE tra RUSSIA e UCRAINA / Petizione

FERMARE LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE

di Iole Natoli

Firma la Petizione

18.04.2022

PREMESSA

Dati i tempi lunghi per la raccolta delle adesioni e i tempi stretti di cui si dispone per evitare che la guerra incancrenisca o si trasformi in guerra mondiale, ho già inviato l’8 aprile via Twitter e per mail il testo che segue, nelle sue linee essenziali, ai decisori, riservandomi di notificare loro la petizione con cadenza più o meno quindicinale, a seconda dell’incremento delle firme.

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Il 3 aprile 2022, giorno della strage di Bucha, Cecilia Strada ha indicato la necessità di un’assemblea PERMANENTE del Consiglio di sicurezza dell'ONU per individuare una soluzione alla guerra. Stupisce il fatto che tale iniziativa non sia stata presa immediatamente.

Io e quanto meno alcuni di coloro che aderiranno a questa petizione non abbiamo esperienza di relazioni internazionali, di strategie militari e di diplomazie di un qualche tipo. Anche le cittadine e i cittadini comuni però pensano e si sentono inquiete e inquieti per il protrarsi di una guerra che, come tutte le guerre, è insensata e per di più fortemente feroce. In qualità di cittadina italiana che la guerra decisamente la odia, provo a formulare una proposta che a me, ad altre e ad altri, appare in tutto o in parte utilizzabile.
Esiste la richiesta di considerare Putin e i militari da lui posti in campo colpevoli di crimini di guerra. È un’iniziativa legittima, ma che richiede valutazioni giuridico-specialistiche estranee alla presente esposizione, il cui scopo è solamente di tentare di fermare l’eccidio, in un modo che possa essere accettato sia dalla Russia sia dall'Ucraina. 
Sicuramente gli accordi per la pace potranno essere diversi da quelli che si stanno qui esponendo, tuttavia bisognerebbe lavorare per realizzare le soluzioni migliori e non quelle che, lasciando irrisolti alcuni problemi di fondo, costituirebbero la premessa per un nuovo conflitto, ancora in Ucraina o altrove.

P R O P O S T A

L’attacco all’Ucraina è stato spiegato da Putin con due motivazioni diverse:

·      una è il progressivo allargamento della NATO sino a comprendere territori dell’Europa dell’Est;

·      un’altra il conflitto nel Donbass tra ucraini antirussi e ucraini filorussi che ha prodotto già in passato morti e stragi.

Il presidente russo, che pure ha spesso espresso valutazioni tali da far emergere senza troppi veli la sua vena di espansionismo sugli ex territori dell’URSS che non rientrino nella Federazione russa, per mire di potere e/o ideologie mistico-culturali, UFFICIALMENTE si attesta su questi due fattori e ciò porta a desumere che, SE opportunamente risolti, la guerra dovrebbe potersi considerare finita, con plauso interno assicurato per lui e immagine parzialmente rilucidata all’esterno. Questo dovrebbe altresì comportare, per logica, la restituzione all’Ucraina dei territori occupati, probabilmente anche della Crimea la cui annessione motivatamente non è stata riconosciuta a livello internazionale, in quanto attuata senza il consenso dell’Ucraina.

“Ma come, uno va a fare una guerra, la vince” - cosa ancora da stabilire, a meno che Putin non ricorra alle armi nucleari tattiche - “e se ne va senza portare nulla a casa?”, hanno obiettato alcune persone sui social. Probabilmente il punto debole di questa formulazione sta nel ritenere che ciò che Putin potrebbe/dovrebbe portare a casa debba coincidere necessariamente con i territori occupati. 

Dobbiamo continuare a ritenere “normale” la spartizione dei territori tra potenze vincitrici, possiamo ancora una volta considerare le persone come pedine di una scacchiera, da spostare di qua o di là a seconda dei successi militari? Nei territori ucraini occupati vivono ucraini-filoucraini e ucraini-filorussi, non ancora decimati nel corso dell’invasione. I territori sono di chi li abita e non del primo vicino che li invade. Nell’interesse non solo dell’Ucraina ma di chiunque, pertanto anche della Russia, ciò che bisognerebbe offrire a Putin è qualcos’altro, qualcosa che discenda direttamente dalle sue motivazioni ufficiali, smentendo le quali smentirebbe dinanzi al mondo se stesso, con ricadute immediate e/o future estremamente negative per la sua immagine. In altri termini, prendiamolo in parola e proviamo a vedere cosa fa. 
Prendiamo in parola però anche gli altri, a cominciare da tutti i Paesi che hanno inviato armi –  
 secondo me giustamente data la situazione drammatica, ma il mio è un parere soggettivo che conta assai poco e non influisce minimamente sulla proposta, che mira proprio a far tacere le armi – per finire con la stessa NATO. SE tutti vogliono che la guerra finisca e il fantasma di una guerra che duri anni, o che porti all’uso di armi nucleari, è una solo previsione dolorosa ma non desiderata, allora tutte le parti attrici dovranno agire di conseguenza, ovvero in modo da PROVOCARE LA PACE, una pace razionale, premessa per un miglioramento - difficilmente di raggiungimento immediato e dunque necessariamente progressivo - delle relazioni tra gli Stati.

Un Trattato di Pace che prevedesse la cessione di Donbass, Crimea e di qualsiasi altra zona del territorio ucraino costituirebbe una legittimazione della guerra d’invasione, che rappresenta una precisa violazione del diritto internazionale e finirebbe con l’incoraggiare la Russia a compiere analoghe violazioni future a danno di altri Stati (ipotesi non remota). Le truppe russe dovrebbero abbandonare l’Ucraina; i territori ucraini dovrebbero rimanere all’Ucraina e non soltanto per desiderio di questo Stato ma a garanzia della funzione attribuita al diritto internazionale (funzione che ne costituisce il fondamento), con l’inclusione inderogabile e dall’esecuzione certa, però, nel trattato di quasi tutte le misure che costituivano il protocollo di Minsk II, che si dice non sia stato realizzato anche perché nessuna delle parti in causa si decideva a portar via per prima le proprie forze armate e che fra le tante clausole previste comprendeva il bilinguismo e lo scioglimento di TUTTE le milizie filoucraine e filorusse. Quest’ultima misura dovrebbe prevedere anche il divieto di riorganizzazione successiva delle milizie, di qualsiasi appartenenza, che abbiano fin qui agito nel Donbass o in altre zone dell’Ucraina, il mancato rispetto del quale farebbe decadere l’impunità prevista da detti accordi per eventuali crimini commessi, portando i soggetti appartenenti alle milizie ricostituite a risponderne immediatamente in tribunale. Inoltre, gli appartenenti esteri a milizie combattenti per l’una o per l’altra parte dovrebbero essere espulsi da tutto il territorio ucraino, non avendo alcuna legittimazione a rimanervi. 
Dagli accordi, andrebbe esclusa però la pretesa di veto sulla politica estera ucraina da parte degli indipendentisti, altro scoglio alla realizzazione di quegli accordi, poiché non è pensabile che a tal proposito decisioni di un potere centrale possano essere vanificate da decisioni di un potere locale e questo in qualsiasi Stato.
Da più parti si è portata ad esempio la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, che ha conosciuto fasi di terrorismo e ha raggiunto un assetto bipartito ormai pacificato, a cui potrebbe utilmente ispirarsi l’Ucraina per concedere una reale autonomia alle travagliate zone del Donbass ed eventualmente della Crimea. Questa soluzione è più razionale rispetto a quella di affidare a dei referendum la sorte dei territori occupati, soprattutto perché buona parte della popolazione è stata COSTRETTA a fuggire, sarebbe difficilmente rintracciabile e dunque impossibilitata a partecipare e ciò invaliderebbe di per sé il concetto di volontà popolare di cui i referendum dovrebbero garantire l’espressione.

Già questa parte del trattato servirebbe all’Ucraina, consentendo una pacificazione interna necessaria, e al tempo stesso potrebbe essere comodamente spesa in Russia da Putin, come giustificazione ed effetto del suo intervento militare.  

L’Ucraina per sua parte dovrebbe rinunciare a chiedere l’ingresso nella NATO – cosa che buona parte della popolazione non vuole e che potrebbe suscitare tanto malcontento da porre a rischio la stabilità del governo in una situazione post bellica, se non opportunamente bilanciata quanto meno dalla mancata cessione dei territori - e accettare di non attivare esercitazioni militari diverse da quelle relative all’addestramento del suo esercito, con esclusione dunque di presenze. In cambio, dovrebbe ovviamente ricevere garanzie di non invasione a opera della Russia, con la violazione delle quali l’inclusione dell’Ucraina nella NATO dovrebbe divenire automatica. La richiesta delle garanzie è più che comprensibile e va accolta, perché la Russia ha violato il Memorandum di Budapest del 1994 ben due volte: nel 2014 con l’invasione della Crimea e nell’anno corrente,con l’invasione dell’intera Ucraina.

Il Trattato di Pace, inoltre, dovrebbe contemplare anche un accordo diretto tra la Federazione Russa e la NATO di non ulteriore allargamento delle reciproche alleanze militari verso altre zone di confine tra le due parti (attuali e future, qualora qualche Stato dovesse un giorno ritirarsi dall'Alleanza) e di non superamento dei confini ucraini esistenti prima dell’inizio della “operazione specialissima” russa. Accordo la cui violazione unilaterale porterebbe quale conseguenza la legittimazione di strategie militari diverse e perfino opposte a quelle contemplate nel Trattato di Pace.

Anche questo risultato potrebbe essere rivendicato da Putin come un successo dell’operazione militare attuata (leggasi guerra), a beneficio della sua credibilità personale. 

Qui sorge però qualche difficoltà, determinata dal contenuto degli artt. 10 e 11 del Trattato NATO. L’articolo 10 stabilisce al 1° comma che «Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale». Al di là delle richieste di adesione e/o degli inviti ad aderire, sarebbe piuttosto difficile asserire che in una condizione di nuova invasione – quale sarebbe la violazione del Trattato di pace comprendente l’accordo NATO-RUSSIA sopra considerato -  l’inclusione immediata dell’Ucraina o di altro Stato non appartenente alla NATO, ma confinante con i territori dell’Alleanza, contribuirebbe «alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale». Si potrebbe provare a bypassare la difficoltà, asserendo che la mancata adesione alla NATO di un qualsiasi Stato di confine porrebbe a rischio la sicurezza della NATO, in quanto un’invasione porterebbe ancora una volta una guerra non governabile a ridosso dell’Alleanza atlantica, laddove l’adesione lampo all’Alleanza costituirebbe un valido invito alla Russia ad abbandonare precipitosamente i territori indebitamente occupati. La seconda difficoltà sta proprio nelle procedure di adesione come illustrate dall’art. 11, che, prevedendo una serie di adempimenti contrastano con la necessità di intervenire a stretto giro di risposta per bloccare l’invasione sul nascere.

Insomma, è pensabile che la NATO debba aggiornare il suo statuto, per poter fronteggiare adeguatamente il rischio che un’eventuale violazione da parte della Russia del Trattato di Pace da stabilire su ipotizzato comporterebbe e dovrebbe farlo PRIMA di proporre tale Trattato, cioè adesso perché non c’è tempo da perdere. 

Infine, ultimo punto della proposta, il ritiro delle sanzioni dovrebbe prevedere quale condizione ineliminabile la partecipazione della Russia alle spese necessarie per la ricostruzione dell’economia ucraina a fronte delle perdite materiali da questa subite, presentandola però non come misura punitiva ma come dimostrazione della volontà di pacificazione e di “benevolenza umana” verso la popolazione ucraina sopravvissuta. Partecipazione che dovrebbe essere estesa a tutti i Paesi aderenti alla NATO (che probabilmente non ha dialogato efficacemente con Putin PRIMA dello scoppio della guerra), in percentuali opportunamente valutate. Se ben spesa, anche questa “magnanimità” dimostrata potrebbe procurare a Putin consensi interni e dunque apparirgli accettabile, tanto più che il ritiro delle sanzioni sarebbe visto con estremo sollievo dalla popolazione russa e anche da lui.
Come “offerta” globale mi sembra abbastanza nutrita. Cercare di umiliare l’avversario, chiunque esso sia, è la premessa per la riedizione di una guerra, che invece va assolutamente evitata.

Qualcuno potrebbe obiettare “Ma come, proprio adesso che la NATO sembra manifestare l’intenzione di accogliere nell’Alleanza la Svezia e, cosa più importante, la Finlandia, proviamo a dire che la NATO non si estenderà verso altre zone di confine tra le due parti? È un controsenso!”. No, non lo è. Potrebbe, anzi dovrebbe, far parte della trattativa. Se la Federazione russa aderisce al Trattato di Pace e successivamente non lo viola allora non se ne fa niente, altrimenti subito dentro! Insomma, da un Presidente che varca in armi i confini di uno Stato non suo, non rispetta la vita dei civili e passa il tempo a minacciare a destra e a manca, ci si aspetta seriamente che addivenga a qualcosa senza che si trovi a valutare il danno considerevole che gli deriverebbe dal non aderire?

Occorre rendersi conto di qualcosa che sembra sfuggire ai più. Un accordo di pace non solo deve coinvolgere tutte le parti in causa, quelle evidenti e quelle meno dichiarate, ma deve contenere misure che rassicurino concretamente gli “attori”, volontari o trascinati per i capelli, di questo dannosissimo conflitto. Ci si preoccupa di “dare una via di uscita a Putin” ma vanno valutate necessariamente anche le condizioni in cui si troverà DOPO l’Ucraina, perché condizioni di pace eccessivamente contrastanti rispetto al volere della popolazione apparirebbero una sorta di tradimento e genererebbero un’instabilità interna pericolosa, a cui non si potrebbe ovviare solo mediante un eventuale cambio dei vertici. E Zelensky questo lo ha capito benissimo.

Ci si può attendere un accordo immediato? Probabilmente no e non solo per i tempi occorrenti per l’aggiornamento dello statuto della NATO di cui si è già scritto. Si può premere per ottenerlo al più presto possibile? Probabilmente sì. Occorrerà agire nel momento più adatto, quando ciò che Putin ha perso in termini di vite umane e di prestigio esterno è divenuto già considerevole e quel che ha ottenuto realmente sul campo assume un valore minimo, anche se si tratta di un territorio chiamato Donbass, eventualmente col corridoio che unisce alla Crimea. Bisogna rendere quel momento il più vicino possibile e per farlo e occorre modificare in primo luogo il linguaggio.

DECISORI 
Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro degli Affari Esteri, Presidente Senato, Presidente  Camera, Presidente Commissione Affari Esteri Senato,  Presidente Commissione Affari Esteri Camera,  Presidente Commissione Europea, Presidente Parlamento Europeo, Presidente Consiglio Europeo, Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, Rappresentante Permanente d’Italia presso il Consiglio Atlantico.

© Iole Natoli
giornalista e blogger

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Immagine di starline per it.freepik.com

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