domenica 24 aprile 2022

È coerente con la Costituzione italiana inviare armi difensive all’Ucraina?

L’articolo 11 della Carta costituzionale italiana e l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite 

di Iole Natoli

 

 


Leggo continuamente citazioni dell’art. 11 della Costituzione a presunto supporto di interpretazioni parziali e restrittive dello stesso, in relazione alla fornitura di armi da parte dell’Italia all’Ucraina, aggredita dalla Russia.

Ritengo che, prima di passare alla questione per la quale tale articolo viene ossessivamente citato, possa servire riflettere su un commento che l’ex Presidente della Corte costituzionale, Giancarlo Coraggio, ha espresso in merito ad alcuni articoli della Costituzione, intervistato da Giovanni Floris su un argomento diverso da quello che stiamo trattando.
Coraggio ha ricordato la frase ormai celebre del costituzionalista Gaetano Silvestri, inclusa in una sentenza sull’Ilva di Taranto, «Non esistono diritti tiranni», ovvero, ha spiegato, «non esistono diritti che prevalgono incondizionatamente sugli altri». Ogni soluzione a un apparente conflitto tra i diritti, ha aggiunto, deve essere «ragionevole e proporzionale».

Il criterio della complessità, ovvero della necessità di valutare gli articoli non isolatamente ma nel loro rapporto con gli altri, specie se attinenti, rappresenta in effetti la regola. Non si può comprendere appieno un articolo se non nel suo rapporto con l’insieme. Così adotto questo ineliminabile criterio per valutare la questione che qui ci interessa - la liceità o meno dell’invio di armi all’Ucraina in rapporto alla nostra Costituzione - e rilevo che per decidere occorre fare riferimento ad alcuni articoli di essa e a uno della Carta dell’ONU, che ci riguarda inevitabilmente a seguito della ratifica del 1957. Vediamo dunque quali sono gli articoli della nostra Carta Costituzionale da porre in rapporto con l’art. 11.

Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. 

Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di guerra [87°] e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (…) Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [78].

Art. 117, comma 2.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a), b), c)
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e), f), g), h), i), l), m), n), o), p),
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
ecc.

Concentriamoci adesso sull’art. 11, che contiene indicazioni specifiche.

Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente ecc.
Si sta dicendo che l’Italia ripudia la guerra in assoluto? No. Infatti la Carta afferma:

-       con l’art. 52, la necessità della difesa della Patria e del servizio militare;

-       con l’art. 78, che le Camere possano deliberare lo stato di guerra;

-       con l’art. 87, che il Presidente della Repubblica debba (dopo la delibera delle Camere) dichiarare lo stato di guerra, assumendo il comando delle forze armate;

-       con l’art. 117 comma 2, che Lo Stato ha legislazione esclusiva in tema di difesa e Forze armate, sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi.

Risultano esclusi dal secondo comma dell’art. 117 caramelle e cioccolatini, di pertinenza delle attività private dei cittadini di qualsiasi regione italiana.

Sostanzialmente, l’art. 11 nella prima parte della sua formulazione esclude che si faccia offesa agli altri popoli ma non tratta la questione della difesa del proprio territorio, cosa che invece è oggetto degli artt. 52, 78, 87 e 117, in rapporto a quanto affermato preliminarmente con l’art. 5: La Repubblica è una e indivisibile.

La difesa del territorio e dell’unità nazionale è dunque uno dei capisaldi della nostra Costituzione, che contempla il ricorso alle armi se l’unità nazionale viene posta sotto attacco. In altri termini, la difesa del territorio di uno Stato è considerata un valore assoluto (valore che riguarda il nostro territorio, ma che costituisce anche una lente attraverso cui osservare i conflitti e le guerre nel mondo).

Soffermiamoci ora sulla seconda parte della frase dell’art. 11:  «L'Italia ripudia la guerra (…) e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Cosa si intende per controversie internazionali? Sicuramente, una “controversia” non riguarda la possibilità di aggredire un altro Stato (cosa esclusa dall’intero corpo della Costituzione) né può riguardare il diritto della difesa, che infatti è trattato come elemento a parte e specifico. Possiamo anche affermare che non riguarda in nessun caso una condizione di guerra già attiva, ma serie divergenze di opinioni in merito a questioni di vario genere (territoriali, economiche o altro) che rivestono particolare importanza per le parti che in essa si contrappongono.
La controversia è dunque verbale o scritta ma non armata ed è previsto dalla nostra Carta che non degeneri in una guerra iniziata dall’Italia. Inoltre, la controversia non è qualcosa che si generi per interposta persona, ma tra due o più contendenti diretti. A riprova che nel caso specifico non si tratti di una “controversia” tra Italia e Russia, c’è il fatto che la Russia non ha chiesto all’Italia (e in verità a nessun altro Paese) cosa ne pensasse delle sue posizioni e pretese ideologiche sul Donbass, sulla Crimea, sulla Transnistria e sull’intera Ucraina, ma è partita direttamente all’attacco militare di uno stato sovrano. E avrà un bel da fare nel tentare di mimetizzare ridicolmente la realtà di una guerra chiamandola “operazione speciale”; di fatto ha violato non solo il Memorandum di Budapest del 1994, con cui si impegnava a riconoscere come inviolabili i confini dell’Ucraina, ma anche le norme del Consiglio di sicurezza di cui pure fa parte.
In sostanza, da nessun punto di vista l’art. 11 riguarda la situazione della guerra in corso tra Russia e Ucraina. Gli articoli della nostra Costituzione che invece ci pongono in rapporto con l’evento sono il 10 e l’80.

Art. 10
«L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute».

Art. 80
«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi».

Ora, se l’articolo 10 ci inserisce in un sistema più ampio ed esclude che il nostro ordinamento possa essere considerato come un insieme di elementi in contrasto col diritto internazionale, l’articolo 80 ci VINCOLA alla Carta delle Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge 17 agosto 1957 n. 848. La Carta delle Nazioni Unite rientra pertanto tra quei trattati che l’Italia si è impegnata a rispettare e attuare, come da art. 80 della nostra Costituzione.

In detta Carta è compreso l’art. 51 che recita:
«Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale».

Cosa comporta anche per l’Italia l’osservanza dell’art. 51?
“Autotutela individuale e collettiva” significa che uno stato aggredito può legittimamente chiedere aiuto ad altri stati dell’ONU, i quali sono legittimati, benché non obbligati, a prestarglielo. È il caso dell’Ucraina e delle forniture di armi da parte degli altri stati membri, quale aiuto collettivo all’autotutela di questo stato.

Sicuramente tra le libertà di un popolo non può essere inclusa la presunta libertà di un popolo di attaccarne un altro. Ne consegue che l’Italia non può avere in nessun modo l’obbligo di non offendere la falsa libertà della Russia di offendere la libertà dell’Ucraina. In altri termini, misure atte a contrastare l’attacco illecito compiuto da uno stato nei confronti di un altro, anche mediante assistenza con fornitura di armi, sono automaticamente lecite, e non comportano nessuna violazione dell’art. 11, come ostinatamente e impropriamente viene sostenuto da più parti.

Questo significa che l’invio di armi non presenti nessun rischio per l’Italia? No, significa soltanto che la questione va affrontata su altri fronti e cioè valutando la posizione degli Stati appartenenti alla NATO che, con l’escamotage formale della non partecipazione in quanto NATO ma in qualità di Stati singoli, sono comunque soggetti a ritorsioni ed espongono tutto l’Occidente ad attriti e possibili scenari da terza guerra mondiale.

Per comprendere meglio questo aspetto, sarà utile valutare l’affermazione, imprudente ma veritiera, consegnata al mondo oggi tramite Times Radio dal vice ministro della Difesa britannico James Heappey, per il quale non è un problema se gli ucraini, usando armi donate dalla Gran Bretagna, «identificano obiettivi in ​​Russia per interrompere gli attacchi», dato che l'Ucraina era un paese sovrano che viveva pacificamente all'interno dei propri confini e a violare i confini è stata la Russia, che ha deciso di invadere coi propri soldati quel Paese.

Nulla da eccepire sulla logica, effettivamente l’Ucraina è legittimata a difendersi anche contrattaccando e utilizzando qualsiasi arma di cui disponga per interrompere i rifornimenti che giungono all’esercito russo su terra ucraina.

Mostrando però “il re nudo”,  James Heappey ha rialzato il livello verbale dello scontro, scoprendo un ganglio pericoloso nella questione, perché qualora venissero colpiti uno o più membri dell’Alleanza, presenti a Kiev per addestrare e forse anche per guidare le operazioni militari dell’Ucraina, verrebbe coinvolta DIRETTAMENTE la NATO e allora sì che sarebbe terza guerra mondiale.

Come uscirne? Non barricandosi infantilmente dietro citazioni improprie e inefficaci dell’art. 11 della nostra Costituzione, ma attivando percorsi per la pace che non vedano in scena per le trattative solo la Russia e l’Ucraina, ma anche la NATO, quanto meno per soddisfare una delle motivazioni addotte da Putin quali “giustificazioni ufficiali” della sua guerra: la presenza di forze NATO ai confini della Federazione russa e la ventilata adesione all’Alleanza dell’Ucraina.

Leggi la Petizione: FERMARE LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE / UNA PROPOSTA 


24-26 aprile 2022

© Iole Natoli

 

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