domenica 24 aprile 2022

È coerente con la Costituzione italiana inviare armi difensive all’Ucraina?

L’articolo 11 della Carta costituzionale italiana e l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite 

di Iole Natoli

 

 


Leggo continuamente citazioni dell’art. 11 della Costituzione a presunto supporto di interpretazioni parziali e restrittive dello stesso, in relazione alla fornitura di armi da parte dell’Italia all’Ucraina, aggredita dalla Russia.

Ritengo che, prima di passare alla questione per la quale tale articolo viene ossessivamente citato, possa servire riflettere su un commento che l’ex Presidente della Corte costituzionale, Giancarlo Coraggio, ha espresso in merito ad alcuni articoli della Costituzione, intervistato da Giovanni Floris su un argomento diverso da quello che stiamo trattando.
Coraggio ha ricordato la frase ormai celebre del costituzionalista Gaetano Silvestri, inclusa in una sentenza sull’Ilva di Taranto, «Non esistono diritti tiranni», ovvero, ha spiegato, «non esistono diritti che prevalgono incondizionatamente sugli altri». Ogni soluzione a un apparente conflitto tra i diritti, ha aggiunto, deve essere «ragionevole e proporzionale».

Il criterio della complessità, ovvero della necessità di valutare gli articoli non isolatamente ma nel loro rapporto con gli altri, specie se attinenti, rappresenta in effetti la regola. Non si può comprendere appieno un articolo se non nel suo rapporto con l’insieme. Così adotto questo ineliminabile criterio per valutare la questione che qui ci interessa - la liceità o meno dell’invio di armi all’Ucraina in rapporto alla nostra Costituzione - e rilevo che per decidere occorre fare riferimento ad alcuni articoli di essa e a uno della Carta dell’ONU, che ci riguarda inevitabilmente a seguito della ratifica del 1957. Vediamo dunque quali sono gli articoli della nostra Carta Costituzionale da porre in rapporto con l’art. 11.

Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. 

Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di guerra [87°] e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (…) Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [78].

Art. 117, comma 2.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a), b), c)
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e), f), g), h), i), l), m), n), o), p),
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
ecc.

Concentriamoci adesso sull’art. 11, che contiene indicazioni specifiche.

Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente ecc.
Si sta dicendo che l’Italia ripudia la guerra in assoluto? No. Infatti la Carta afferma:

-       con l’art. 52, la necessità della difesa della Patria e del servizio militare;

-       con l’art. 78, che le Camere possano deliberare lo stato di guerra;

-       con l’art. 87, che il Presidente della Repubblica debba (dopo la delibera delle Camere) dichiarare lo stato di guerra, assumendo il comando delle forze armate;

-       con l’art. 117 comma 2, che Lo Stato ha legislazione esclusiva in tema di difesa e Forze armate, sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi.

Risultano esclusi dal secondo comma dell’art. 117 caramelle e cioccolatini, di pertinenza delle attività private dei cittadini di qualsiasi regione italiana.

Sostanzialmente, l’art. 11 nella prima parte della sua formulazione esclude che si faccia offesa agli altri popoli ma non tratta la questione della difesa del proprio territorio, cosa che invece è oggetto degli artt. 52, 78, 87 e 117, in rapporto a quanto affermato preliminarmente con l’art. 5: La Repubblica è una e indivisibile.

La difesa del territorio e dell’unità nazionale è dunque uno dei capisaldi della nostra Costituzione, che contempla il ricorso alle armi se l’unità nazionale viene posta sotto attacco. In altri termini, la difesa del territorio di uno Stato è considerata un valore assoluto (valore che riguarda il nostro territorio, ma che costituisce anche una lente attraverso cui osservare i conflitti e le guerre nel mondo).

Soffermiamoci ora sulla seconda parte della frase dell’art. 11:  «L'Italia ripudia la guerra (…) e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Cosa si intende per controversie internazionali? Sicuramente, una “controversia” non riguarda la possibilità di aggredire un altro Stato (cosa esclusa dall’intero corpo della Costituzione) né può riguardare il diritto della difesa, che infatti è trattato come elemento a parte e specifico. Possiamo anche affermare che non riguarda in nessun caso una condizione di guerra già attiva, ma serie divergenze di opinioni in merito a questioni di vario genere (territoriali, economiche o altro) che rivestono particolare importanza per le parti che in essa si contrappongono.
La controversia è dunque verbale o scritta ma non armata ed è previsto dalla nostra Carta che non degeneri in una guerra iniziata dall’Italia. Inoltre, la controversia non è qualcosa che si generi per interposta persona, ma tra due o più contendenti diretti. A riprova che nel caso specifico non si tratti di una “controversia” tra Italia e Russia, c’è il fatto che la Russia non ha chiesto all’Italia (e in verità a nessun altro Paese) cosa ne pensasse delle sue posizioni e pretese ideologiche sul Donbass, sulla Crimea, sulla Transnistria e sull’intera Ucraina, ma è partita direttamente all’attacco militare di uno stato sovrano. E avrà un bel da fare nel tentare di mimetizzare ridicolmente la realtà di una guerra chiamandola “operazione speciale”; di fatto ha violato non solo il Memorandum di Budapest del 1994, con cui si impegnava a riconoscere come inviolabili i confini dell’Ucraina, ma anche le norme del Consiglio di sicurezza di cui pure fa parte.
In sostanza, da nessun punto di vista l’art. 11 riguarda la situazione della guerra in corso tra Russia e Ucraina. Gli articoli della nostra Costituzione che invece ci pongono in rapporto con l’evento sono il 10 e l’80.

Art. 10
«L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute».

Art. 80
«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi».

Ora, se l’articolo 10 ci inserisce in un sistema più ampio ed esclude che il nostro ordinamento possa essere considerato come un insieme di elementi in contrasto col diritto internazionale, l’articolo 80 ci VINCOLA alla Carta delle Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge 17 agosto 1957 n. 848. La Carta delle Nazioni Unite rientra pertanto tra quei trattati che l’Italia si è impegnata a rispettare e attuare, come da art. 80 della nostra Costituzione.

In detta Carta è compreso l’art. 51 che recita:
«Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale».

Cosa comporta anche per l’Italia l’osservanza dell’art. 51?
“Autotutela individuale e collettiva” significa che uno stato aggredito può legittimamente chiedere aiuto ad altri stati dell’ONU, i quali sono legittimati, benché non obbligati, a prestarglielo. È il caso dell’Ucraina e delle forniture di armi da parte degli altri stati membri, quale aiuto collettivo all’autotutela di questo stato.

Sicuramente tra le libertà di un popolo non può essere inclusa la presunta libertà di un popolo di attaccarne un altro. Ne consegue che l’Italia non può avere in nessun modo l’obbligo di non offendere la falsa libertà della Russia di offendere la libertà dell’Ucraina. In altri termini, misure atte a contrastare l’attacco illecito compiuto da uno stato nei confronti di un altro, anche mediante assistenza con fornitura di armi, sono automaticamente lecite, e non comportano nessuna violazione dell’art. 11, come ostinatamente e impropriamente viene sostenuto da più parti.

Questo significa che l’invio di armi non presenti nessun rischio per l’Italia? No, significa soltanto che la questione va affrontata su altri fronti e cioè valutando la posizione degli Stati appartenenti alla NATO che, con l’escamotage formale della non partecipazione in quanto NATO ma in qualità di Stati singoli, sono comunque soggetti a ritorsioni ed espongono tutto l’Occidente ad attriti e possibili scenari da terza guerra mondiale.

Per comprendere meglio questo aspetto, sarà utile valutare l’affermazione, imprudente ma veritiera, consegnata al mondo oggi tramite Times Radio dal vice ministro della Difesa britannico James Heappey, per il quale non è un problema se gli ucraini, usando armi donate dalla Gran Bretagna, «identificano obiettivi in ​​Russia per interrompere gli attacchi», dato che l'Ucraina era un paese sovrano che viveva pacificamente all'interno dei propri confini e a violare i confini è stata la Russia, che ha deciso di invadere coi propri soldati quel Paese.

Nulla da eccepire sulla logica, effettivamente l’Ucraina è legittimata a difendersi anche contrattaccando e utilizzando qualsiasi arma di cui disponga per interrompere i rifornimenti che giungono all’esercito russo su terra ucraina.

Mostrando però “il re nudo”,  James Heappey ha rialzato il livello verbale dello scontro, scoprendo un ganglio pericoloso nella questione, perché qualora venissero colpiti uno o più membri dell’Alleanza, presenti a Kiev per addestrare e forse anche per guidare le operazioni militari dell’Ucraina, verrebbe coinvolta DIRETTAMENTE la NATO e allora sì che sarebbe terza guerra mondiale.

Come uscirne? Non barricandosi infantilmente dietro citazioni improprie e inefficaci dell’art. 11 della nostra Costituzione, ma attivando percorsi per la pace che non vedano in scena per le trattative solo la Russia e l’Ucraina, ma anche la NATO, quanto meno per soddisfare una delle motivazioni addotte da Putin quali “giustificazioni ufficiali” della sua guerra: la presenza di forze NATO ai confini della Federazione russa e la ventilata adesione all’Alleanza dell’Ucraina.

Leggi la Petizione: FERMARE LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE / UNA PROPOSTA 


24-26 aprile 2022

© Iole Natoli

 

mercoledì 20 aprile 2022

PROPOSTA per un TENTATIVO DI PACE tra RUSSIA e UCRAINA / Petizione

FERMARE LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE

di Iole Natoli

Firma la Petizione

18.04.2022

PREMESSA

Dati i tempi lunghi per la raccolta delle adesioni e i tempi stretti di cui si dispone per evitare che la guerra incancrenisca o si trasformi in guerra mondiale, ho già inviato l’8 aprile via Twitter e per mail il testo che segue, nelle sue linee essenziali, ai decisori, riservandomi di notificare loro la petizione con cadenza più o meno quindicinale, a seconda dell’incremento delle firme.

________________________________________________

Il 3 aprile 2022, giorno della strage di Bucha, Cecilia Strada ha indicato la necessità di un’assemblea PERMANENTE del Consiglio di sicurezza dell'ONU per individuare una soluzione alla guerra. Stupisce il fatto che tale iniziativa non sia stata presa immediatamente.

Io e quanto meno alcuni di coloro che aderiranno a questa petizione non abbiamo esperienza di relazioni internazionali, di strategie militari e di diplomazie di un qualche tipo. Anche le cittadine e i cittadini comuni però pensano e si sentono inquiete e inquieti per il protrarsi di una guerra che, come tutte le guerre, è insensata e per di più fortemente feroce. In qualità di cittadina italiana che la guerra decisamente la odia, provo a formulare una proposta che a me, ad altre e ad altri, appare in tutto o in parte utilizzabile.
Esiste la richiesta di considerare Putin e i militari da lui posti in campo colpevoli di crimini di guerra. È un’iniziativa legittima, ma che richiede valutazioni giuridico-specialistiche estranee alla presente esposizione, il cui scopo è solamente di tentare di fermare l’eccidio, in un modo che possa essere accettato sia dalla Russia sia dall'Ucraina. 
Sicuramente gli accordi per la pace potranno essere diversi da quelli che si stanno qui esponendo, tuttavia bisognerebbe lavorare per realizzare le soluzioni migliori e non quelle che, lasciando irrisolti alcuni problemi di fondo, costituirebbero la premessa per un nuovo conflitto, ancora in Ucraina o altrove.

P R O P O S T A

L’attacco all’Ucraina è stato spiegato da Putin con due motivazioni diverse:

·      una è il progressivo allargamento della NATO sino a comprendere territori dell’Europa dell’Est;

·      un’altra il conflitto nel Donbass tra ucraini antirussi e ucraini filorussi che ha prodotto già in passato morti e stragi.

Il presidente russo, che pure ha spesso espresso valutazioni tali da far emergere senza troppi veli la sua vena di espansionismo sugli ex territori dell’URSS che non rientrino nella Federazione russa, per mire di potere e/o ideologie mistico-culturali, UFFICIALMENTE si attesta su questi due fattori e ciò porta a desumere che, SE opportunamente risolti, la guerra dovrebbe potersi considerare finita, con plauso interno assicurato per lui e immagine parzialmente rilucidata all’esterno. Questo dovrebbe altresì comportare, per logica, la restituzione all’Ucraina dei territori occupati, probabilmente anche della Crimea la cui annessione motivatamente non è stata riconosciuta a livello internazionale, in quanto attuata senza il consenso dell’Ucraina.

“Ma come, uno va a fare una guerra, la vince” - cosa ancora da stabilire, a meno che Putin non ricorra alle armi nucleari tattiche - “e se ne va senza portare nulla a casa?”, hanno obiettato alcune persone sui social. Probabilmente il punto debole di questa formulazione sta nel ritenere che ciò che Putin potrebbe/dovrebbe portare a casa debba coincidere necessariamente con i territori occupati. 

Dobbiamo continuare a ritenere “normale” la spartizione dei territori tra potenze vincitrici, possiamo ancora una volta considerare le persone come pedine di una scacchiera, da spostare di qua o di là a seconda dei successi militari? Nei territori ucraini occupati vivono ucraini-filoucraini e ucraini-filorussi, non ancora decimati nel corso dell’invasione. I territori sono di chi li abita e non del primo vicino che li invade. Nell’interesse non solo dell’Ucraina ma di chiunque, pertanto anche della Russia, ciò che bisognerebbe offrire a Putin è qualcos’altro, qualcosa che discenda direttamente dalle sue motivazioni ufficiali, smentendo le quali smentirebbe dinanzi al mondo se stesso, con ricadute immediate e/o future estremamente negative per la sua immagine. In altri termini, prendiamolo in parola e proviamo a vedere cosa fa. 
Prendiamo in parola però anche gli altri, a cominciare da tutti i Paesi che hanno inviato armi –  
 secondo me giustamente data la situazione drammatica, ma il mio è un parere soggettivo che conta assai poco e non influisce minimamente sulla proposta, che mira proprio a far tacere le armi – per finire con la stessa NATO. SE tutti vogliono che la guerra finisca e il fantasma di una guerra che duri anni, o che porti all’uso di armi nucleari, è una solo previsione dolorosa ma non desiderata, allora tutte le parti attrici dovranno agire di conseguenza, ovvero in modo da PROVOCARE LA PACE, una pace razionale, premessa per un miglioramento - difficilmente di raggiungimento immediato e dunque necessariamente progressivo - delle relazioni tra gli Stati.

Un Trattato di Pace che prevedesse la cessione di Donbass, Crimea e di qualsiasi altra zona del territorio ucraino costituirebbe una legittimazione della guerra d’invasione, che rappresenta una precisa violazione del diritto internazionale e finirebbe con l’incoraggiare la Russia a compiere analoghe violazioni future a danno di altri Stati (ipotesi non remota). Le truppe russe dovrebbero abbandonare l’Ucraina; i territori ucraini dovrebbero rimanere all’Ucraina e non soltanto per desiderio di questo Stato ma a garanzia della funzione attribuita al diritto internazionale (funzione che ne costituisce il fondamento), con l’inclusione inderogabile e dall’esecuzione certa, però, nel trattato di quasi tutte le misure che costituivano il protocollo di Minsk II, che si dice non sia stato realizzato anche perché nessuna delle parti in causa si decideva a portar via per prima le proprie forze armate e che fra le tante clausole previste comprendeva il bilinguismo e lo scioglimento di TUTTE le milizie filoucraine e filorusse. Quest’ultima misura dovrebbe prevedere anche il divieto di riorganizzazione successiva delle milizie, di qualsiasi appartenenza, che abbiano fin qui agito nel Donbass o in altre zone dell’Ucraina, il mancato rispetto del quale farebbe decadere l’impunità prevista da detti accordi per eventuali crimini commessi, portando i soggetti appartenenti alle milizie ricostituite a risponderne immediatamente in tribunale. Inoltre, gli appartenenti esteri a milizie combattenti per l’una o per l’altra parte dovrebbero essere espulsi da tutto il territorio ucraino, non avendo alcuna legittimazione a rimanervi. 
Dagli accordi, andrebbe esclusa però la pretesa di veto sulla politica estera ucraina da parte degli indipendentisti, altro scoglio alla realizzazione di quegli accordi, poiché non è pensabile che a tal proposito decisioni di un potere centrale possano essere vanificate da decisioni di un potere locale e questo in qualsiasi Stato.
Da più parti si è portata ad esempio la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, che ha conosciuto fasi di terrorismo e ha raggiunto un assetto bipartito ormai pacificato, a cui potrebbe utilmente ispirarsi l’Ucraina per concedere una reale autonomia alle travagliate zone del Donbass ed eventualmente della Crimea. Questa soluzione è più razionale rispetto a quella di affidare a dei referendum la sorte dei territori occupati, soprattutto perché buona parte della popolazione è stata COSTRETTA a fuggire, sarebbe difficilmente rintracciabile e dunque impossibilitata a partecipare e ciò invaliderebbe di per sé il concetto di volontà popolare di cui i referendum dovrebbero garantire l’espressione.

Già questa parte del trattato servirebbe all’Ucraina, consentendo una pacificazione interna necessaria, e al tempo stesso potrebbe essere comodamente spesa in Russia da Putin, come giustificazione ed effetto del suo intervento militare.  

L’Ucraina per sua parte dovrebbe rinunciare a chiedere l’ingresso nella NATO – cosa che buona parte della popolazione non vuole e che potrebbe suscitare tanto malcontento da porre a rischio la stabilità del governo in una situazione post bellica, se non opportunamente bilanciata quanto meno dalla mancata cessione dei territori - e accettare di non attivare esercitazioni militari diverse da quelle relative all’addestramento del suo esercito, con esclusione dunque di presenze. In cambio, dovrebbe ovviamente ricevere garanzie di non invasione a opera della Russia, con la violazione delle quali l’inclusione dell’Ucraina nella NATO dovrebbe divenire automatica. La richiesta delle garanzie è più che comprensibile e va accolta, perché la Russia ha violato il Memorandum di Budapest del 1994 ben due volte: nel 2014 con l’invasione della Crimea e nell’anno corrente,con l’invasione dell’intera Ucraina.

Il Trattato di Pace, inoltre, dovrebbe contemplare anche un accordo diretto tra la Federazione Russa e la NATO di non ulteriore allargamento delle reciproche alleanze militari verso altre zone di confine tra le due parti (attuali e future, qualora qualche Stato dovesse un giorno ritirarsi dall'Alleanza) e di non superamento dei confini ucraini esistenti prima dell’inizio della “operazione specialissima” russa. Accordo la cui violazione unilaterale porterebbe quale conseguenza la legittimazione di strategie militari diverse e perfino opposte a quelle contemplate nel Trattato di Pace.

Anche questo risultato potrebbe essere rivendicato da Putin come un successo dell’operazione militare attuata (leggasi guerra), a beneficio della sua credibilità personale. 

Qui sorge però qualche difficoltà, determinata dal contenuto degli artt. 10 e 11 del Trattato NATO. L’articolo 10 stabilisce al 1° comma che «Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale». Al di là delle richieste di adesione e/o degli inviti ad aderire, sarebbe piuttosto difficile asserire che in una condizione di nuova invasione – quale sarebbe la violazione del Trattato di pace comprendente l’accordo NATO-RUSSIA sopra considerato -  l’inclusione immediata dell’Ucraina o di altro Stato non appartenente alla NATO, ma confinante con i territori dell’Alleanza, contribuirebbe «alla sicurezza della regione dell'Atlantico settentrionale». Si potrebbe provare a bypassare la difficoltà, asserendo che la mancata adesione alla NATO di un qualsiasi Stato di confine porrebbe a rischio la sicurezza della NATO, in quanto un’invasione porterebbe ancora una volta una guerra non governabile a ridosso dell’Alleanza atlantica, laddove l’adesione lampo all’Alleanza costituirebbe un valido invito alla Russia ad abbandonare precipitosamente i territori indebitamente occupati. La seconda difficoltà sta proprio nelle procedure di adesione come illustrate dall’art. 11, che, prevedendo una serie di adempimenti contrastano con la necessità di intervenire a stretto giro di risposta per bloccare l’invasione sul nascere.

Insomma, è pensabile che la NATO debba aggiornare il suo statuto, per poter fronteggiare adeguatamente il rischio che un’eventuale violazione da parte della Russia del Trattato di Pace da stabilire su ipotizzato comporterebbe e dovrebbe farlo PRIMA di proporre tale Trattato, cioè adesso perché non c’è tempo da perdere. 

Infine, ultimo punto della proposta, il ritiro delle sanzioni dovrebbe prevedere quale condizione ineliminabile la partecipazione della Russia alle spese necessarie per la ricostruzione dell’economia ucraina a fronte delle perdite materiali da questa subite, presentandola però non come misura punitiva ma come dimostrazione della volontà di pacificazione e di “benevolenza umana” verso la popolazione ucraina sopravvissuta. Partecipazione che dovrebbe essere estesa a tutti i Paesi aderenti alla NATO (che probabilmente non ha dialogato efficacemente con Putin PRIMA dello scoppio della guerra), in percentuali opportunamente valutate. Se ben spesa, anche questa “magnanimità” dimostrata potrebbe procurare a Putin consensi interni e dunque apparirgli accettabile, tanto più che il ritiro delle sanzioni sarebbe visto con estremo sollievo dalla popolazione russa e anche da lui.
Come “offerta” globale mi sembra abbastanza nutrita. Cercare di umiliare l’avversario, chiunque esso sia, è la premessa per la riedizione di una guerra, che invece va assolutamente evitata.

Qualcuno potrebbe obiettare “Ma come, proprio adesso che la NATO sembra manifestare l’intenzione di accogliere nell’Alleanza la Svezia e, cosa più importante, la Finlandia, proviamo a dire che la NATO non si estenderà verso altre zone di confine tra le due parti? È un controsenso!”. No, non lo è. Potrebbe, anzi dovrebbe, far parte della trattativa. Se la Federazione russa aderisce al Trattato di Pace e successivamente non lo viola allora non se ne fa niente, altrimenti subito dentro! Insomma, da un Presidente che varca in armi i confini di uno Stato non suo, non rispetta la vita dei civili e passa il tempo a minacciare a destra e a manca, ci si aspetta seriamente che addivenga a qualcosa senza che si trovi a valutare il danno considerevole che gli deriverebbe dal non aderire?

Occorre rendersi conto di qualcosa che sembra sfuggire ai più. Un accordo di pace non solo deve coinvolgere tutte le parti in causa, quelle evidenti e quelle meno dichiarate, ma deve contenere misure che rassicurino concretamente gli “attori”, volontari o trascinati per i capelli, di questo dannosissimo conflitto. Ci si preoccupa di “dare una via di uscita a Putin” ma vanno valutate necessariamente anche le condizioni in cui si troverà DOPO l’Ucraina, perché condizioni di pace eccessivamente contrastanti rispetto al volere della popolazione apparirebbero una sorta di tradimento e genererebbero un’instabilità interna pericolosa, a cui non si potrebbe ovviare solo mediante un eventuale cambio dei vertici. E Zelensky questo lo ha capito benissimo.

Ci si può attendere un accordo immediato? Probabilmente no e non solo per i tempi occorrenti per l’aggiornamento dello statuto della NATO di cui si è già scritto. Si può premere per ottenerlo al più presto possibile? Probabilmente sì. Occorrerà agire nel momento più adatto, quando ciò che Putin ha perso in termini di vite umane e di prestigio esterno è divenuto già considerevole e quel che ha ottenuto realmente sul campo assume un valore minimo, anche se si tratta di un territorio chiamato Donbass, eventualmente col corridoio che unisce alla Crimea. Bisogna rendere quel momento il più vicino possibile e per farlo e occorre modificare in primo luogo il linguaggio.

DECISORI 
Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Ministro degli Affari Esteri, Presidente Senato, Presidente  Camera, Presidente Commissione Affari Esteri Senato,  Presidente Commissione Affari Esteri Camera,  Presidente Commissione Europea, Presidente Parlamento Europeo, Presidente Consiglio Europeo, Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, Rappresentante Permanente d’Italia presso il Consiglio Atlantico.

© Iole Natoli
giornalista e blogger

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giovedì 7 aprile 2022

ANNO 2022 - GUERRA DELLA RUSSIA ALL'UCRAINA - IMMAGINARE UNO SCENARIO DI PACE

COSA PROPORRE PER UN TENTATIVO DI PACE TRA RUSSIA E UCRAINA?

di Iole Natoli

by starline per it.freepik.com


Il 3 aprile 2022, giorno della strage di Bucha, Cecilia Strada ha indicato la necessità di un’assemblea PERMANENTE del Consiglio di sicurezza dell'ONU per individuare una soluzione alla guerra. Stupisce il fatto che tale iniziativa non sia stata presa immediatamente.

Io e quanto meno alcuni di coloro che aderiranno alla petizione che mi riservo eventualmente di lanciare non abbiamo esperienza di relazioni internazionali, di strategie militari e di diplomazie di un qualche tipo. Anche le cittadine e i cittadini comuni però pensano e si sentono inquiete e inquieti per il protrarsi di una guerra che, come tutte le guerre, è insensata e che per di più è fortemente feroce. In qualità di cittadina italiana che la guerra decisamente la odia, provo a formulare una proposta, che a me appare utilizzabile e che potrà apparire forse tale ad altre e ad altri.   

Esiste la richiesta di considerare Putin e i militari da lui posti in campo colpevoli di crimini di guerra. È un’iniziativa legittima, ma che richiede valutazioni giuridico-specialistiche estranee alla presente esposizione, il cui scopo è solamente di tentare di fermare l’eccidio, in un modo che possa essere accettato sia dalla Russia sia dall'Ucraina.

P R O P O S T A

L’attacco all’Ucraina è stato spiegato da Putin con due motivazioni diverse:

·      una è il progressivo allargamento della NATO sino a comprendere territori dell’Europa dell’Est;

·      un’altra il conflitto nel Donbass tra ucraini antirussi e ucraini filorussi che ha prodotto già in passato morti e stragi.

Il presidente russo, che pure ha spesso espresso valutazioni tali da far emergere la sua vena all’espansionismo sugli ex territori dell’URSS che non rientrino nella Federazione russa, UFFICIALMENTE si attesta su questi due fattori e ciò porta a desumere che, SE opportunamente risolti, la guerra dovrebbe potersi considerare finita, con plauso interno assicurato per lui e immagine parzialmente rilucidata all’esterno. Questo dovrebbe altresì comportare, per logica, la restituzione all’Ucraina di tutti i territori occupati, a cominciare da quella Crimea la cui annessione motivatamente non è stata riconosciuta a livello internazionale, in quanto attuata senza il consenso dell’Ucraina.

“Ma come, uno va a fare una guerra, la vince” - cosa ancora da stabilire - “e se ne va senza portare nulla a casa?”, hanno obiettato alcune persone sui social. L’errore di questa formulazione sta nel ritenere che ciò che Putin potrebbe/dovrebbe portare a casa debba coincidere con i territori occupati.

Dobbiamo continuare a ritenere “normale” la spartizione dei territori tra potenze vincenti o ausiliarie, possiamo ancora una volta considerare le persone come pedine di una scacchiera, da spostare di qua o di là a seconda dei successi militari? Nei territori ucraini occupati vivono ucraini-filoucraini e ucraini-filorussi. I territori sono di chi li abita e non del primo vicino che li invade. Nell’interesse non solo dell’Ucraina ma di chiunque, pertanto anche della Russia, ciò che bisognerebbe offrire a Putin è qualcos’altro, qualcosa che discenda direttamente dalle sue motivazioni ufficiali, smentendo le quali smentirebbe dinanzi al mondo se stesso, con ricadute immediate e/o future estremamente negative per la sua immagine. In altri termini, prendiamolo in parola e proviamo a vedere che fa.
Prendiamo in parola però anche gli altri, a cominciare da tutti i Paesi che hanno inviato armi – giustamente data la situazione, secondo me, ma il mio è un parere soggettivo che conta assai poco – per finire con la stessa Nato. SE tutti vogliono che la guerra finisca e il fantasma di una guerra che duri anni è una solo previsione dolorosa ma non desiderata, allora tutte le parti attrici dovranno agire di conseguenza, ovvero in modo da PROVOCARE LA PACE, una pace razionale, premessa per un miglioramento - difficilmente di raggiungimento immediato e dunque necessariamente progressivo - delle relazioni tra gli Stati.

Un Trattato di pace che prevedesse la cessione di Donbass, Crimea e di qualsiasi altra zona del territorio ucraino costituirebbe una legittimazione della guerra d’invasione, che rappresenta una precisa violazione del diritto internazionale e finirebbe con l’incoraggiare la Russia a compiere analoghe violazioni future a danno di altri Stati (ipotesi non remota). I territori ucraini devono necessariamente restare all’Ucraina e non soltanto per desiderio di questo Stato ma a garanzia della funzione attribuita al diritto internazionale (funzione che ne costituisce il fondamento), con l’inclusione inderogabile però nel trattato delle misure che costituivano il protocollo di Minsk II, che fra le tante clausole previste comprendeva anche il bilinguismo e lo scioglimento di TUTTE la milizie filoucraine e filorusse. Quest’ultima misura dovrebbe prevedere anche il divieto di riorganizzazione successiva delle milizie, di qualsiasi appartenenza, che abbiano fin qui agito nel Donbass o in altre zone dell’Ucraina, il mancato rispetto del quale farebbe decadere l’impunità prevista da detti accordi per eventuali crimini commessi, portando i soggetti appartenenti alle milizie ricostituite a risponderne immediatamente in tribunale. Inoltre, gli appartenenti esteri a milizie combattenti per l’una o per l’altra parte dovrebbero essere espulsi da tutto il territorio ucraino, non avendo alcuna legittimazione a rimanervi.

Già questa parte del trattato servirebbe all’Ucraina, consentendo una pacificazione interna necessaria, e al tempo stesso potrebbe essere spesa in Russia da Putin come giustificazione ed effetto del suo intervento militare.  

L’Ucraina per sua parte dovrebbe rinunciare a chiedere l’ingresso nella Nato e accettare di non attivare esercitazioni militari diverse da quelle relative all’addestramento del suo esercito, con esclusione dunque di presenze Nato (cosa che sembra già intenzionata a fare). In cambio, dovrebbe ovviamente ricevere garanzie di non invasione a opera della Russia, con la violazione delle quali l’inclusione dell’Ucraina nella Nato diverrebbe automatica.

Il Trattato, inoltre, dovrebbe contemplare anche un accordo diretto tra la Federazione Russa e la Nato di non ulteriore allargamento delle reciproche alleanze militari verso altre zone di confine tra le due parti (attuali e future, qualora qualche Stato dovesse un giorno ritirarsi dall'Alleanza) e di non superamento dei confini ucraini esistenti prima dell’inizio della “operazione specialissima” russa. Accordo la cui violazione unilaterale porterebbe quale conseguenza la legittimazione di strategie militari diverse e perfino opposte a quelle contemplate dall’accordo.

Anche questo risultato potrebbe essere rivendicato da Putin come un successo della strategia militare adottata (leggasi guerra), a beneficio della sua credibilità personale.

Infine, il ritiro delle sanzioni dovrebbe prevedere quale condizione ineliminabile la partecipazione della Russia alle spese necessarie per la ricostruzione dell’economia ucraina a fronte delle perdite materiali da questa subite, presentandola però non come misura punitiva ma come dimostrazione della volontà di pacificazione e di “benevolenza umana” verso la popolazione ucraina sopravvissuta. Partecipazione che dovrebbe essere estesa a tutti i Paesi aderenti alla Nato (che probabilmente non ha dialogato efficacemente con Putin PRIMA dello scoppio della guerra), in percentuali opportunamente valutate. Se ben spesa, anche questa “magnanimità” dimostrata potrebbe procurare a Putin consensi interni e dunque apparirgli accettabile, tanto più che il ritiro delle sanzioni sarebbe visto con estremo sollievo dalla popolazione russa e anche da lui.
Come “offerta” globale mi sembra abbastanza nutrita. Cercare di umiliare l’avversario, chiunque esso sia, è la premessa per la riedizione di una guerra, che invece va assolutamente evitata.

La presente proposta è un’utopia? Una bozza di accordo improponibile? O per caso si potrebbe tentare?

7 aprile 2022

 

© Iole Natoli