venerdì 26 settembre 2025

#GlobalSumudFlotilla / #GAZA / Lettera al Presidente Mattarella

 

Missione a rischio nei pressi di Gaza? / Un’ipotesi per evitare lo scontro
Di Iole Natoli

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Egregio Presidente Mattarella,

Come molti, ho ascoltato il Suo importante appello, con cui è stata resa giustizia all’intento civile e umanitario che anima i membri italiani e stranieri della Global Sumud Flotilla. Ho apprezzato – e non io soltanto – che Lei abbia richiamato l’attenzione su quel che potrebbe accadere ai nostri concittadini imbarcatisi in quella missione, invitandoli a salvaguardare la propria incolumità.
Qualche preoccupazione, che ho ritrovato anche in parole altrui, tuttavia mi pervade.

Penso che sarebbe altamente mortificante per l’Italia se solo gli e le italiane tirassero, come suol dirsi, “i remi in barca”, accettando di non portare a totale compimento l’obiettivo prefissato dalla Flotilla. Il popolo italiano ha assunto, non sempre per sua scelta, posizioni un po’ “ondivaghe” in occasione delle due guerre mondiali; ci è stata incollata addosso un’etichetta sgradevole e non del tutto appropriata, che sarebbe preferibile non alimentare.

C’è anche il rischio, Signor Presidente, che il Suo appello sia letto erroneamente, all’interno e anche all’estero, come un cedimento alla volontà del governo israeliano di ignorare la Convenzione di Ginevra del 1949 e i successivi Protocolli, anche in merito, nel caso specifico, alla legittimità di un blocco navale che, pur riconosciuta dal diritto internazionale, trova il suo limite – o la sua negazione – nell’accertata carestia imposta alla popolazione palestinese da una guerra indiscriminata e permanente.

E allora mi chiedo, Signor Presidente, se non esista la possibilità che ci si rivolga, per le vie a ciò più idonee, al Capo dello stato di Israele, affinché proponga al suo governo un gesto ragionevolmente distensivo. Quale? Per esempio, il seguente.

Rappresentanti del governo israeliano potrebbero utilmente affiancare coloro che dovranno consegnare di persona gli aiuti portati dalla Flotillia, autorizzando però preventivamente osservatori delle Nazioni Unite, eventualmente anche il Patriarcato Latino di Gerusalemme ma, in particolare, la stampa internazionale TUTTA, affinché tali persone possano assistere in loco alle operazioni di verifica e di distribuzione diretta del contenuto dei pacchi alla popolazione palestinese, documentando l’andamento di tale consegna con i mezzi a loro disposizione (con quelli, intendo, degli osservatori ONU, dell’eventuale Patriarcato, della stampa internazionale… e non solo del governo israeliano).

Potrebbe essere avviata un’iniziativa diplomatica o d’altra natura formale, affinché tale proposta giunga al Capo dello stato d’Israele, che potrebbe per parte sua comunicarla al refrattario Capo del governo?

Io non so se la mia proposta sia fattibile o meno. Sono certa però che, se lo fosse, Lei non esisterebbe a tentare o a suggerir di tentare anche questa via, per contribuire a risolvere la complessa e pericolosa situazione attuale.
La ringrazio per la cortese attenzione con cui vorrà valutare quel che ho scritto.

Le porgo i miei migliori saluti,
Iole Natoli

27 Settembre 2025

 

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domenica 14 settembre 2025

MORTE DI #CHARLIEKIRK / UN ASSASSINIO CHE SCONVOLGE L’AMERICA

USA / Omicidio nella comunità delle armi
Di Iole Natoli

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C’è qualcosa nell’assassinio di Charlie Kirk che mi suscita qualche interrogativo “vagante”, cioè incerto, non definito ma che si affaccia ugualmente alla coscienza ed è l’interpretazione puramente politica del gesto omicida di Tylor Robinson.
Quel che mi sembra di poter cogliere, invece, è una genesi di tipo familiare, che s’intreccia fortemente con l’ambito politico.

Ho letto, in una notizia che non sono più riuscita a rintracciare, che il padre del ragazzo era (ed è) un trumpiano, dunque non solo genericamente un “conservatore” ma un convinto sostenitore di Trump e della sua particolare politica. Apparterrebbe per di più alla comunità mormone, la stessa cioè della vittima.

Non costituirebbe una novità scoprire che a un padre antifascista si sia opposto un figlio fascista, o che a un padre fascista si sia contrapposto un figlio antifascista. Non sarebbe anomalo nemmeno scoprire che a un padre di una destra radicale si sia opposto un figlio ancora più radicale di lui. La graduatoria degli estremismi è articolata.
Quel che emergerebbe in entrambi i casi sarebbe la contrapposizione di un figlio a un padre.

Esistono dinamiche interpersonali che creano antagonismi profondi tra genitori e figli, esigenze di differenziazione sentite come ineludibili, moderate o estreme a seconda del contesto familiare. E che il contesto non fosse dei più moderati non lo suggerisce solo la fede trumpiana del padre ma il fatto che l’uso di armi, a quanto pare non rudimentali, era stato permesso e dunque insegnato al ragazzo fin dalla tenera età.

Mi vien da pensare che sino a un certo punto della sua esistenza Tylor Robinson possa aver voluto emulare il padre, che abbia cercato di assecondarlo sotto ogni aspetto per ottenere la sua approvazione, per poi esserglisi opposto con veemenza, per una qualche motivazione a noi ignota. Non sempre un genitore riesce ad accorgersi di ciò che va maturando nell'animo di un figlio.

Che ciò si sia verificato nel rapporto tra i due Robinson è unicamente un’ipotesi e queste non sempre sono verificabili. Mi chiedo però cosa rappresentasse Charlie Kirk per Tylor Robinson. Solo un probabile perpetuatore della politica trumpiana, un successore dell’attuale presidente, sentito dunque da lui come “pericoloso” sul piano politico per eccesso o per difetto di durezza, o anche un personaggio che riscuoteva, o che potesse riscuotere, l’ammirazione di Robinson padre? In altri termini, il giovane Charlie incarnava agli occhi del giovanissimo Tylor il figlio “stimabile” che Robinson padre avrebbe potuto desiderare?

Si dirà - e provo a dirmelo anch’io - che le mie sono solo illazioni che non poggiano su una qualche certezza. Qualcosa in me insiste tuttavia nel suggerirmi che non tutto è lineare come appare. Quel qualcosa è determinato e dalle scritte sui proiettili, che attestano una proiezione psichica sugli oggetti che rasenta un infantilismo radicale, e dalla semiconfessione fatta al padre.

Perché scrivere sui proiettili una sorta di messaggio? Diretto a chi? Il futuro morto non avrebbe potuto leggerne nessuno. Tylor Robinson si baloccava soltanto con quelle scritte, gongolando per il prossimo omicidio al culmine di un’orgia narcisistica, oppure circoscriveva la propria appartenenza a un gruppo per sé, per il suo gruppo quale che fosse, per il mondo? Per tutti o per qualcuno in particolare? Probabilmente, non lo sapremo mai e ignoriamo se ne è conscio lui stesso.

Riflettiamo sul momento scelto per l’omicidio. Sapere di poter rivedere il proprio atto clamoroso e di poterlo replicare a piacimento, con un semplice click, rappresenta per l’autore dell’atto la celebrazione della propria potenza. Aver sconfitto la tranquillità di una massa ampia come quella che abbiamo visto nella ripresa e fantasticare di averlo fatto impunemente, cosa smentita poi dalla realtà, costituisce per una mente distorta il massimo della goduria. Quel filmato avrebbe raggiunto il mondo intero ma avrebbe colpito maggiormente i seguaci di Trump e di Kirk, che sicuramente ne sarebbero rimasti sconvolti profondamente. Tra quei seguaci c’è il padre di Tylor e, guarda caso, è proprio a suo padre che il figlio confessa, o fa comunque capire, di avere ucciso Charlie.

Quale vendetta inconscia può essere stata consumata nel distruggere il probabile futuro mito paterno con gli stessi mezzi che questo padre gli aveva insegnato ad amare? Perché, invece di comunicarlo a un “compagno” di gruppo quale che questo fosse - Ehi, vedete come sono stato bravo? Ho fatto quello che tutti voi avreste voluto fare! -, il ragazzo lo “confessa” a mezzi termini o a termini interi a suo padre (ved. nota del 19.09.25), come si dice abbia fatto? Spera che, colpito dall'enormità del suo gesto questi lo apprezzi e lo aiuti, che “scelga” tra il figlio reale e l'ucciso, o desidera invece colpirlo, o ancora vuole entrambe le cose? Dopo l’assassinio T.R. non pensa di consegnarsi, infatti la sua prima reazione è la fuga. Aspetta forse di vedere cosa farà il dio della sua infanzia?

Che dopo un omicidio l’assassino pensi di uccidersi, come pare abbia detto Tylor Robinson, lo sentiamo ripetere spesso e il più delle volte non ci appare credibile. Eppure, in questo caso, potrebbe essere in linea con il resto; la vendetta affettiva sarebbe stata compiuta interamente.
Sempre che sia effettivamente lui l'assassino.

14 Settembre 2025

© Iole Natoli

NOTA del 19.09.25
Il testo è del 14 settembre ed è stato scritto sulla base delle scarse notizie di cui si era in possesso in quella data. Oggi si conoscono, o si crede di poter conoscere, altri particolari che smentiscono taluni assunti, per esempio quello secondo cui il giovane killer non avrebbe parlato del suo delitto con amici ma ne avrebbe informato, in qualche maniera, solo il padre. Malgrado ciò, non ritengo di dover modificare l’articolo. Sappiamo ancora troppo poco per poter commentare, con qualche precisione, quel che effettivamente è accaduto. Al rincorrere affannosamente notizie parziali, che potrebbero venire successivamente smentite,  preferisco aspettare che siano fornite informazioni definitive.
 

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lunedì 23 giugno 2025

LA COSTANTE INCOSTANZA DI TRUMP

L’ANSIA del PRIMO PIANO PERMANENTE
Di Iole Natoli
                                                        47º


Un commentatore – non ricordo più quale - si è dissociato dal parere espresso su Repubblica da Bremmer, secondo cui l’attacco all’Iran ordinato da Trump sarebbe stato dettato dal suo Ego. La contestazione si basa sull’idea che il presidente statunitense in realà non si muoverebbe da solo, ma avrebbe intorno consiglieri politici che nella circostanza attuale lo avrebbero sostenuto nella scelta.

L’argomentazione mi sembra debole. Se è vero che Trump agisce di concerto con i suoi consiglieri, allora tali esimi signori avrebbero dovuto sconsigliarlo quando ha basato la sua campagna, nonché il suo primo affacciarsi sulla scena da 47º presidente, sbandierando l’assoluta certezza che avrebbe fatto cessare i conflitti armati nell’arco di 24 ore soltanto.

Trump ha un Ego smisurato e non c'è altra motivazione profonda che lo muove. Chi lo ha consigliato e sostenuto ne è stato consapevole sin dall’inizio e lo ha scelto proprio per questa caratteristica che lo rende manovrabile a piacimento.

Gli stessi interessi economici di Trump sono subordinati all’aura di grandezza di cui vuole fregiarsi a ogni costo. Essere il primo, il più grande se non addirittura l’unico, almeno quanto a visibilità.

C’erano guerre in corso? Allora, per distinguersi e regalarsi una qualche unicità, si è dichiarato in grado di generare immediatamente la pace. Qualcuno aveva già provato a ribattezzare il Golfo del Messico o a includere negli USA il Canada e la Groenlandia? No? Perfetto, lui lo annuncia. Non ha portato la pace né in Ucraina né in Medio Oriente? Allora l’uso di un super bombardiere di primissimo impiego si rivela un promettente veicolo per la sua unicità, cosicché non sapremo mai se Netanyahu ha utilizzato Trump o se Trump ha utilizzato Netanyahu. Del resto cambia poco, a uno così basta lasciar intravedere una VETRINA MONDIALE, un qualche PRIMO PIANO PERMANENTE per ottenere il suo appoggio incondizionato.

C’è da aver paura di Trump? Sì, ma solo se, prima che qualcuno del suo stesso Paese lo rovesci, avrà tempo per qualche altra prodezza.
Quanto all’arma nucleare, c’è da pensare che non mediti di sganciare un’atomica, perché non ne possiede una di potenza superiore a tutte le altrui, c’è chi lo batte. Su questo fronte possiamo tranquillizzarci. Per avere un primato superiore a quello regalato agli americani dai crimini compiuti a Hiroshima e Nagasaki, dovrebbe distruggere l’intera umanità. E chi lo celebrerebbe in tal caso? Gli verrebbe meno il gran pubblico, alimento del tutto necessario per mantenere pimpante il proprio Ego.

Un primato, d’altra parte, lo ha già. È il presidente più macroscopicamente incostante della storia. “Nessuno sa quel che farò» è la sua cifra. La dichiara, ne è fiero e, per paradosso, del tutto stabilmente la mantiene.

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24 Giugno 2025

 

© Iole Natoli

mercoledì 25 ottobre 2023

Guardare alle radici e alle modalità dei conflitti unico metodo per arginare le guerre

GUTERRES, ISRAELE, LA PALESTINA, HAMAS, LE MAFIE
Di Iole Natoli

Di brgfx su Freepik

Gli attacchi a Guterres nascono da una visione parziale del problema. Si può anche ritenere che il rappresentante in capo dell’ONU avrebbe potuto usare parole meno ESPOSTE al fraintendimento, ma alla base del fraintendimento possibile - a cui Israele doveva COMUNQUE reagire per arginare eventuali effetti dannosi - c’è dell’altro, c'è la difficoltà che si incontra nel fare i conti con la storia, con una storia che non sia solo quella degli ebrei e di Israele.

Un mio amico di bacheca su FB ha commentato recentemente un mio post su quanto sta succedendo a Gaza scrivendo: «Purtroppo è ciò che accade quando un popolo non si ribella a una autorità mafiosa e criminale che ammazza gay del proprio popolo e taglia teste ai bambini del nemico».

Ora, io non so se Hamas ammazzi i gay, mettiamo che quest’affermazione sia fondata, ma vorrei attirare l’attenzione su un altro aspetto, cioè sull’equiparazione a una MAFIA, perché questo mi sembra il punto cruciale di ogni discorso utile da farsi.
Non radicare i fatti attuali negli antefatti storici di Gaza e della popolazione palestinese porta a scelte operative pericolose e sbagliate.

Un’organizzazione terroristica come l’ISIS opera al di sopra degli stati, perché animata da un’ideologia religiosa di natura fanatica, non tiene in alcun conto le popolazioni. Non agisce PER una popolazione e ANCHE per un’ideologia, ma per il proprio fanatismo soltanto.

Hamas e la sua sponda terroristica oltre che politica INVECE hanno una base nel territorio, quanto ampia credo sia difficile saperlo, perché quanto meno fin qui (ovvero prima della strage in terra d’Israele) si è (o si era) occupata di GESTIRE i BISOGNI più elementari di una popolazione, radicandosi in essa. Esattamente COME FANNO le MAFIE, che occupano i vuoti di gestione sociale lasciati colpevolmente da uno Stato (questo o quello poco importa, la modalità di abbandono è la stessa), in cambio di un inevitabile appoggio, avuto alcune volte facilmente, talaltre estorto obtorto collo. Le Mafie prosperano sui bisogni ignorati e in Palestina di bisogni ignorati ce ne sono stati - e ce ne sono di più proprio oggi - a iosa.

In altri termini, se vogliamo che Hamas perda credito e se vogliamo che dopo l’eventuale decimazione (scomparsa?) di Hamas non nasca o si sviluppi un’altra organizzazione politica che abbia anche veste o frange terroristiche (Hamas non è l’unica esistente), dobbiamo risolvere il problema di base, cioè quei decenni di dominazione diretta e indiretta (avere in mano le chiavi del sistema di vita, dalle forniture d’acqua e di corrente elettrica ai certificati anagrafici, non rende credibile l’estraneità dichiarata) a cui la popolazione palestinese è stata sottoposta e di cui ha parlato Guterres, piaccia o no doverlo riconoscere.

26 Ottobre 2023

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© Iole Natoli



domenica 22 ottobre 2023

GLI INCONTROLLABILI EFFETTI DELLE GUERRE

 

Il Patriarcato e l’invenzione inefficace dell’ONU
Di Iole Natoli

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Ieri su FB una strenua elargitrice di massime astratte, grazie alle quali dovremmo poter risolvere seduta stante i problemi concreti del mondo, ha sentenziato: «Io non condivido il principio del diritto internazionale detto del "diritto alla reazione" cioè penso che la guerra dovrebbe essere considerata un tabù», ovviamente senza indicare la via che può portare dallo stato di belligeranza quasi totale che affligge il mondo alla serafica condizione auspicata. Ha poi rincarato la dose di stratosferico distacco dalla realtà contingente, dichiarando che non può esserci nessuna soluzione «all'interno del cavernicolo "diritto alla reazione"».

C’è da chiarire in primo luogo cosa si intenda per “diritto alla reazione”. Se si vuol descrivere un atto di vendetta, si potrebbe ben essere d’accordo. Il tranello logico però sta nel fatto che si vuol equiparare il termine ampio di “reazione” a quello circoscritto di ”difesa”.

Detto ciò, potremmo anche accettare l’idea che – nell’attesa che il suddetto tabù venga instaurato e possa essere dunque operativo – il diritto alla “difesa” possa venir sospeso, perfino annullato, in presenza però di qualcosa che abbia il potere di bloccare l’offesa. In altri termini se A attacca B, potremmo considerare ragionevole che B non risponda difendendosi, nel caso in cui esistesse un qualche C in grado di fermare A facendolo tornare sulle posizioni precedenti l’attacco.

Alla fine della seconda guerra mondiale si pensò di battezzare questo ipotetico C col nome di ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), forse in omaggio alla ben nota massima secondo cui l’Unione fa la forza. Non si erano però fatti i conti con l’atavica spinta alla Disunione, grazie alla quale tutti i richiami dell’ONU, distribuiti a destra e a manca nel tempo al profilarsi o al deflagrare dei vari conflitti, sono stati sistematicamente ignorati da questo o quello Stato, che pure sedeva a vario titolo nel Tempio della Pace tra le Nazioni.

Ora, finché il tabù di cui sopra non sarà divenuto operativo su tutto il pianeta e non si sarà nemmeno inventato qualcosa di meglio di un’ONU priva di qualsiasi potere concreto, il DIRITTO non a una generica “reazione” ma alla DIFESA, quale semplice blocco dell’attacco accompagnato dalla restituzione del maltolto, personalmente continuerò a considerarlo legittimo.

Ciò non toglie che sia oggettivamente difficile spezzare il circolo vizioso che si instaura quando all’offesa di D segue la difesa esorbitante di E, che porterà a una difesa di D a sua volta non priva di eccesso per la parte di eccesso di difesa compiuto prima da E. Da qui il codice di condotta da osservare in caso di guerra, che però nessuno o quasi nessuno rispetta, ignorando i richiami dell’ONU al riguardo.

Il rischio dunque è quello di non uscire MAI dal bellicismo sbocciato insieme al patriarcato, che avvelena permanentemente i sentieri del mondo, rendendoli dirupi che ci conducono irrimediabilmente all’abisso. Non è però condannando l’attaccato a non difendersi dall’attaccante di turno, lasciandolo con ciò DI FATTO alla mercé della delinquenza dell’altro, che si attuerà una soluzione etica.

Di sradicare da ogni vivaio il patriarcato, passo primario per instaurare il tabù della guerra, quasi esclusivamente le donne – e in realtà neanche tutte – si occupano. Delle costanti atrocità delle guerre si è consapevoli quando una devastazione è già in corso; prima che il perverso meccanismo si innesti, molte e troppi dormono sonni tranquilli, inconsapevoli del vicino risveglio.

22 Ottobre 2023

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mercoledì 18 ottobre 2023

MEDIO ORIENTE IN FIAMME

IL RIMPALLO DELLE RESPONSABILITÀ SULLA STRAGE ALL'OSPEDALE DI GAZA
A interrogarsi non sono ovviamente i morti ma i vivi    
Di Iole Natoli


Chiunque sia stato, i morti, se potessero, vi maledirebbero tutti


La regola aurea in ogni conflitto.
È stato un gatto, con l’aiuto di un topo e di un alieno venuto da Marte. 

Un gatto più o meno famelico ha visto un topo, intento a lisciarsi i baffi seduto su una tanica di benzina. Per catturarlo vi è saltato sopra urtando le altre taniche, alcune delle quali mal richiuse, e ne ha rovesciato il contenuto. Un alieno arrivato da  Marte, non sapendo cos’altro fare su questa inospitalissima Terra, si stava accendendo un sigaro con un fiammifero trovato in loco perché aveva dimenticato l’accendino a casa sua. Il topo gli è passato tra i piedi, avendoli scambiati per due palme nane tra cui nascondersi, provocando con ciò un salto verso l’alto dell’alieno. Il fiammifero è caduto per terra ancora acceso e ha dato fuoco alla benzina. Agli alti lai dell’alieno, del gatto e del topo, ciascuno dei quali si era bruciacchiato qualcosa, i ricoverati e gli utenti vari dell’ospedale sono usciti all’aperto e a causa dell’incendio sono morti tutti. 

Il gatto, il topo e l’alieno, con code e parti varie fumiganti, hanno cominciato a litigare per stabilire di chi fosse la colpa, il gatto graffiando, il topo mordendo e l’alieno esalando lacrimogeni dalla bocca, ai quali da bravo alieno personalmente è immune. Pare che si stiano accordando su una versione definitiva dell'accaduto che è la seguente: la colpa sarebbe dei ricoverati e degli utenti vari (personale compreso) dell'ospedale, che, invece di starsene ordinatamente dentro o accanto ai loro comodissimi letti tra un'abbondanza di acqua, cibo, medicine, illuminazione elettrica e apparecchiature salvavita, si sono precipitati tutti fuori, persino quelli ingessati e con le stampelle, per godere estasiati dell'illuminazione strepitosa dovuta all'incendio,  finendo morti stecchiti non si sa bene come dopo un “BUM!“.
I tre si riservano di convalidare la loro definitiva conclusione con un comunicato stampa congiunto.

Nota - L’umorismo nero non nasce da una voglia di divertimento. Al contrario, è una reazione soggettiva all’orrore e all’impotenza, che soverchiano ogni possibilità di sopportazione.

16 Ottobre 2023

 

© Iole Natoli