Il criterio della complessità, ovvero della necessità di valutare gli articoli non
isolatamente ma nel loro rapporto con gli altri, specie se attinenti, rappresenta
in effetti la regola. Non si può comprendere appieno un articolo se non nel
suo rapporto con l’insieme. Così adotto questo ineliminabile criterio per
valutare la questione che qui ci interessa - la liceità o meno dell’invio di
armi all’Ucraina in rapporto alla nostra Costituzione - e rilevo che per decidere occorre
fare riferimento ad alcuni articoli di essa e a uno della Carta dell’ONU, che
ci riguarda inevitabilmente a seguito della ratifica del 1957. Vediamo dunque
quali sono gli articoli della nostra Carta Costituzionale da porre in
rapporto con l’art. 11.
Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove
le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio
decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua
legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli
altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di
parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Art. 52.
La difesa della Patria è sacro
dovere del cittadino. Il servizio
militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge.
Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di
guerra [87°] e conferiscono al Governo i poteri necessari.
Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità
nazionale (…) Ha il comando delle
Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo
la legge, dichiara lo stato di guerra
deliberato dalle Camere [78].
Art. 117, comma 2.
Lo Stato ha legislazione esclusiva
nelle seguenti materie:
a), b), c)
d) difesa e Forze armate; sicurezza
dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e), f), g), h), i), l), m), n), o), p),
q) dogane, protezione dei confini
nazionali e profilassi internazionale;
ecc.
Concentriamoci adesso sull’art. 11, che contiene indicazioni
specifiche.
Art. 11 - L'Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; consente ecc.
Si sta dicendo che l’Italia ripudia la guerra in assoluto? No. Infatti la
Carta afferma:
-
con l’art. 52, la necessità della difesa
della Patria e del servizio
militare;
-
con l’art. 78, che le Camere possano deliberare lo stato di guerra;
-
con l’art. 87, che il Presidente della
Repubblica debba (dopo la delibera
delle Camere) dichiarare lo stato di
guerra, assumendo il comando delle
forze armate;
-
con l’art. 117 comma 2, che Lo Stato ha legislazione esclusiva in tema di difesa e Forze armate, sicurezza dello
Stato, armi, munizioni ed esplosivi.
Risultano esclusi
dal secondo comma dell’art. 117 caramelle e cioccolatini, di pertinenza delle
attività private dei cittadini di qualsiasi regione italiana.
Sostanzialmente, l’art. 11 nella prima parte della sua
formulazione esclude che si faccia offesa agli altri popoli ma non tratta la
questione della difesa del proprio territorio, cosa che invece è oggetto
degli artt. 52, 78, 87 e 117, in rapporto a quanto affermato preliminarmente
con l’art. 5: La Repubblica è una e
indivisibile.
La difesa del territorio e dell’unità nazionale è dunque
uno dei capisaldi della nostra Costituzione, che contempla il ricorso alle
armi se l’unità nazionale viene posta sotto attacco. In altri
termini, la difesa del territorio di uno Stato è considerata un valore assoluto (valore che riguarda
il nostro territorio, ma che costituisce anche una lente attraverso cui
osservare i conflitti e le guerre nel mondo).
Soffermiamoci ora sulla seconda parte della frase dell’art. 11: «L'Italia ripudia la guerra (…) e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Cosa si intende per controversie internazionali? Sicuramente, una “controversia” non
riguarda la possibilità di aggredire un altro Stato (cosa esclusa
dall’intero corpo della Costituzione)
né può riguardare il diritto della difesa, che infatti è trattato come
elemento a parte e specifico. Possiamo
anche affermare che non riguarda in nessun caso una condizione di guerra già
attiva, ma serie divergenze di opinioni in merito a questioni di vario
genere (territoriali, economiche o altro) che rivestono particolare
importanza per le parti che in essa si contrappongono.
La controversia è dunque verbale o
scritta ma non armata ed è previsto dalla nostra Carta che non degeneri
in una guerra iniziata dall’Italia. Inoltre, la controversia non è qualcosa
che si generi per interposta persona, ma tra due o più contendenti diretti. A
riprova che nel caso specifico non si tratti di una “controversia” tra Italia
e Russia, c’è il fatto che la Russia non ha chiesto all’Italia (e in verità a
nessun altro Paese) cosa ne pensasse delle sue posizioni e pretese
ideologiche sul Donbass, sulla Crimea, sulla Transnistria e sull’intera
Ucraina, ma è partita direttamente all’attacco
militare di uno stato sovrano. E avrà un bel da fare nel tentare di
mimetizzare ridicolmente la realtà di una guerra chiamandola “operazione
speciale”; di fatto ha violato non solo il Memorandum di Budapest del 1994,
con cui si impegnava a riconoscere come inviolabili i confini dell’Ucraina,
ma anche le norme del Consiglio di sicurezza di cui pure fa parte.
In
sostanza, da nessun punto di vista l’art. 11 riguarda la situazione della
guerra in corso tra Russia e Ucraina. Gli articoli della nostra
Costituzione che invece ci pongono in rapporto con l’evento sono il 10 e
l’80.
Art. 10
«L'ordinamento giuridico
italiano si conforma alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute».
Art. 80
«Le Camere
autorizzano con legge la ratifica dei trattati
internazionali che
sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o
importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di
leggi».
Ora, se l’articolo
10 ci inserisce in un sistema più
ampio ed esclude che il nostro ordinamento possa essere considerato come un
insieme di elementi in contrasto col diritto internazionale, l’articolo 80 ci VINCOLA alla Carta delle
Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge
17 agosto 1957 n. 848. La Carta delle Nazioni Unite rientra pertanto tra quei trattati che l’Italia si è impegnata a
rispettare e attuare, come da art. 80 della nostra Costituzione.
In detta Carta è compreso l’art. 51 che
recita:
«Nessuna
disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che
abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite,
fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie
per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da
Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente
portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun
modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al
Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione
che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la
sicurezza internazionale».
Cosa comporta anche per l’Italia l’osservanza
dell’art. 51?
“Autotutela individuale e collettiva”
significa che uno stato aggredito può legittimamente chiedere aiuto ad altri
stati dell’ONU, i quali sono legittimati, benché non obbligati, a
prestarglielo. È il caso dell’Ucraina
e delle forniture di armi da parte degli altri stati membri, quale aiuto collettivo all’autotutela di questo
stato.
Sicuramente tra le libertà di un popolo non può
essere inclusa la presunta libertà di un popolo di attaccarne un altro. Ne consegue che l’Italia non può avere in
nessun modo l’obbligo di non offendere la falsa libertà della Russia di
offendere la libertà dell’Ucraina. In altri termini, misure atte a
contrastare l’attacco illecito compiuto da uno stato nei confronti di un
altro, anche mediante assistenza con fornitura di armi, sono automaticamente lecite, e non comportano nessuna violazione
dell’art. 11, come ostinatamente e impropriamente viene sostenuto da più
parti.
Questo significa che l’invio di armi non presenti
nessun rischio per l’Italia? No, significa
soltanto che la questione va affrontata su altri fronti e cioè valutando la
posizione degli Stati appartenenti alla NATO che, con l’escamotage
formale della non partecipazione in quanto NATO ma in qualità di Stati singoli, sono comunque soggetti a
ritorsioni ed espongono tutto l’Occidente ad attriti e possibili scenari da
terza guerra mondiale.
Per comprendere meglio questo aspetto, sarà utile
valutare l’affermazione, imprudente ma veritiera, consegnata al mondo oggi tramite
Times Radio dal vice
ministro della Difesa britannico James Heappey,
per il quale non è un problema se gli ucraini, usando armi donate
dalla Gran Bretagna, «identificano
obiettivi in Russia per interrompere gli attacchi», dato che l'Ucraina era
un paese sovrano che viveva pacificamente all'interno dei propri confini e a
violare i confini è stata la Russia, che ha deciso di invadere coi propri
soldati quel Paese.
Nulla
da eccepire sulla logica, effettivamente l’Ucraina è legittimata a difendersi
anche contrattaccando e utilizzando qualsiasi arma di cui disponga per
interrompere i rifornimenti che giungono all’esercito russo su terra ucraina.
Mostrando
però “il re nudo”, James
Heappey ha rialzato il livello verbale
dello scontro, scoprendo un ganglio pericoloso nella questione, perché qualora
venissero colpiti uno o più membri dell’Alleanza, presenti a Kiev per
addestrare e forse anche per guidare le operazioni militari dell’Ucraina,
verrebbe coinvolta DIRETTAMENTE la NATO e allora sì che sarebbe terza guerra
mondiale.
Come uscirne? Non barricandosi infantilmente dietro citazioni improprie
e inefficaci dell’art. 11 della nostra Costituzione, ma attivando percorsi
per la pace che non vedano in scena per le trattative solo la Russia e l’Ucraina,
ma anche la NATO, quanto meno per soddisfare una delle motivazioni
addotte da Putin quali “giustificazioni ufficiali” della sua guerra: la
presenza di forze NATO ai confini della Federazione russa e la
ventilata adesione all’Alleanza dell’Ucraina.
Leggi la Petizione: FERMARE
LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE / UNA PROPOSTA
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