mercoledì 25 ottobre 2023

Guardare alle radici e alle modalità dei conflitti unico metodo per arginare le guerre

GUTERRES, ISRAELE, LA PALESTINA, HAMAS, LE MAFIE
Di Iole Natoli

Di brgfx su Freepik

Gli attacchi a Guterres nascono da una visione parziale del problema. Si può anche ritenere che il rappresentante in capo dell’ONU avrebbe potuto usare parole meno ESPOSTE al fraintendimento, ma alla base del fraintendimento possibile - a cui Israele doveva COMUNQUE reagire per arginare eventuali effetti dannosi - c’è dell’altro, c'è la difficoltà che si incontra nel fare i conti con la storia, con una storia che non sia solo quella degli ebrei e di Israele.

Un mio amico di bacheca su FB ha commentato recentemente un mio post su quanto sta succedendo a Gaza scrivendo: «Purtroppo è ciò che accade quando un popolo non si ribella a una autorità mafiosa e criminale che ammazza gay del proprio popolo e taglia teste ai bambini del nemico».

Ora, io non so se Hamas ammazzi i gay, mettiamo che quest’affermazione sia fondata, ma vorrei attirare l’attenzione su un altro aspetto, cioè sull’equiparazione a una MAFIA, perché questo mi sembra il punto cruciale di ogni discorso utile da farsi.
Non radicare i fatti attuali negli antefatti storici di Gaza e della popolazione palestinese porta a scelte operative pericolose e sbagliate.

Un’organizzazione terroristica come l’ISIS opera al di sopra degli stati, perché animata da un’ideologia religiosa di natura fanatica, non tiene in alcun conto le popolazioni. Non agisce PER una popolazione e ANCHE per un’ideologia, ma per il proprio fanatismo soltanto.

Hamas e la sua sponda terroristica oltre che politica INVECE hanno una base nel territorio, quanto ampia credo sia difficile saperlo, perché quanto meno fin qui (ovvero prima della strage in terra d’Israele) si è (o si era) occupata di GESTIRE i BISOGNI più elementari di una popolazione, radicandosi in essa. Esattamente COME FANNO le MAFIE, che occupano i vuoti di gestione sociale lasciati colpevolmente da uno Stato (questo o quello poco importa, la modalità di abbandono è la stessa), in cambio di un inevitabile appoggio, avuto alcune volte facilmente, talaltre estorto obtorto collo. Le Mafie prosperano sui bisogni ignorati e in Palestina di bisogni ignorati ce ne sono stati - e ce ne sono di più proprio oggi - a iosa.

In altri termini, se vogliamo che Hamas perda credito e se vogliamo che dopo l’eventuale decimazione (scomparsa?) di Hamas non nasca o si sviluppi un’altra organizzazione politica che abbia anche veste o frange terroristiche (Hamas non è l’unica esistente), dobbiamo risolvere il problema di base, cioè quei decenni di dominazione diretta e indiretta (avere in mano le chiavi del sistema di vita, dalle forniture d’acqua e di corrente elettrica ai certificati anagrafici, non rende credibile l’estraneità dichiarata) a cui la popolazione palestinese è stata sottoposta e di cui ha parlato Guterres, piaccia o no doverlo riconoscere.

26 Ottobre 2023

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© Iole Natoli



domenica 22 ottobre 2023

GLI INCONTROLLABILI EFFETTI DELLE GUERRE

 

Il Patriarcato e l’invenzione inefficace dell’ONU
Di Iole Natoli

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Ieri su FB una strenua elargitrice di massime astratte, grazie alle quali dovremmo poter risolvere seduta stante i problemi concreti del mondo, ha sentenziato: «Io non condivido il principio del diritto internazionale detto del "diritto alla reazione" cioè penso che la guerra dovrebbe essere considerata un tabù», ovviamente senza indicare la via che può portare dallo stato di belligeranza quasi totale che affligge il mondo alla serafica condizione auspicata. Ha poi rincarato la dose di stratosferico distacco dalla realtà contingente, dichiarando che non può esserci nessuna soluzione «all'interno del cavernicolo "diritto alla reazione"».

C’è da chiarire in primo luogo cosa si intenda per “diritto alla reazione”. Se si vuol descrivere un atto di vendetta, si potrebbe ben essere d’accordo. Il tranello logico però sta nel fatto che si vuol equiparare il termine ampio di “reazione” a quello circoscritto di ”difesa”.

Detto ciò, potremmo anche accettare l’idea che – nell’attesa che il suddetto tabù venga instaurato e possa essere dunque operativo – il diritto alla “difesa” possa venir sospeso, perfino annullato, in presenza però di qualcosa che abbia il potere di bloccare l’offesa. In altri termini se A attacca B, potremmo considerare ragionevole che B non risponda difendendosi, nel caso in cui esistesse un qualche C in grado di fermare A facendolo tornare sulle posizioni precedenti l’attacco.

Alla fine della seconda guerra mondiale si pensò di battezzare questo ipotetico C col nome di ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), forse in omaggio alla ben nota massima secondo cui l’Unione fa la forza. Non si erano però fatti i conti con l’atavica spinta alla Disunione, grazie alla quale tutti i richiami dell’ONU, distribuiti a destra e a manca nel tempo al profilarsi o al deflagrare dei vari conflitti, sono stati sistematicamente ignorati da questo o quello Stato, che pure sedeva a vario titolo nel Tempio della Pace tra le Nazioni.

Ora, finché il tabù di cui sopra non sarà divenuto operativo su tutto il pianeta e non si sarà nemmeno inventato qualcosa di meglio di un’ONU priva di qualsiasi potere concreto, il DIRITTO non a una generica “reazione” ma alla DIFESA, quale semplice blocco dell’attacco accompagnato dalla restituzione del maltolto, personalmente continuerò a considerarlo legittimo.

Ciò non toglie che sia oggettivamente difficile spezzare il circolo vizioso che si instaura quando all’offesa di D segue la difesa esorbitante di E, che porterà a una difesa di D a sua volta non priva di eccesso per la parte di eccesso di difesa compiuto prima da E. Da qui il codice di condotta da osservare in caso di guerra, che però nessuno o quasi nessuno rispetta, ignorando i richiami dell’ONU al riguardo.

Il rischio dunque è quello di non uscire MAI dal bellicismo sbocciato insieme al patriarcato, che avvelena permanentemente i sentieri del mondo, rendendoli dirupi che ci conducono irrimediabilmente all’abisso. Non è però condannando l’attaccato a non difendersi dall’attaccante di turno, lasciandolo con ciò DI FATTO alla mercé della delinquenza dell’altro, che si attuerà una soluzione etica.

Di sradicare da ogni vivaio il patriarcato, passo primario per instaurare il tabù della guerra, quasi esclusivamente le donne – e in realtà neanche tutte – si occupano. Delle costanti atrocità delle guerre si è consapevoli quando una devastazione è già in corso; prima che il perverso meccanismo si innesti, molte e troppi dormono sonni tranquilli, inconsapevoli del vicino risveglio.

22 Ottobre 2023

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© Iole Natoli



 

mercoledì 18 ottobre 2023

MEDIO ORIENTE IN FIAMME

IL RIMPALLO DELLE RESPONSABILITÀ SULLA STRAGE ALL'OSPEDALE DI GAZA
A interrogarsi non sono ovviamente i morti ma i vivi    
Di Iole Natoli


Chiunque sia stato, i morti, se potessero, vi maledirebbero tutti


La regola aurea in ogni conflitto.
È stato un gatto, con l’aiuto di un topo e di un alieno venuto da Marte. 

Un gatto più o meno famelico ha visto un topo, intento a lisciarsi i baffi seduto su una tanica di benzina. Per catturarlo vi è saltato sopra urtando le altre taniche, alcune delle quali mal richiuse, e ne ha rovesciato il contenuto. Un alieno arrivato da  Marte, non sapendo cos’altro fare su questa inospitalissima Terra, si stava accendendo un sigaro con un fiammifero trovato in loco perché aveva dimenticato l’accendino a casa sua. Il topo gli è passato tra i piedi, avendoli scambiati per due palme nane tra cui nascondersi, provocando con ciò un salto verso l’alto dell’alieno. Il fiammifero è caduto per terra ancora acceso e ha dato fuoco alla benzina. Agli alti lai dell’alieno, del gatto e del topo, ciascuno dei quali si era bruciacchiato qualcosa, i ricoverati e gli utenti vari dell’ospedale sono usciti all’aperto e a causa dell’incendio sono morti tutti. 

Il gatto, il topo e l’alieno, con code e parti varie fumiganti, hanno cominciato a litigare per stabilire di chi fosse la colpa, il gatto graffiando, il topo mordendo e l’alieno esalando lacrimogeni dalla bocca, ai quali da bravo alieno personalmente è immune. Pare che si stiano accordando su una versione definitiva dell'accaduto che è la seguente: la colpa sarebbe dei ricoverati e degli utenti vari (personale compreso) dell'ospedale, che, invece di starsene ordinatamente dentro o accanto ai loro comodissimi letti tra un'abbondanza di acqua, cibo, medicine, illuminazione elettrica e apparecchiature salvavita, si sono precipitati tutti fuori, persino quelli ingessati e con le stampelle, per godere estasiati dell'illuminazione strepitosa dovuta all'incendio,  finendo morti stecchiti non si sa bene come dopo un “BUM!“.
I tre si riservano di convalidare la loro definitiva conclusione con un comunicato stampa congiunto.

Nota - L’umorismo nero non nasce da una voglia di divertimento. Al contrario, è una reazione soggettiva all’orrore e all’impotenza, che soverchiano ogni possibilità di sopportazione.

16 Ottobre 2023

 

© Iole Natoli

venerdì 15 settembre 2023

A #Tagadà del 12 settembre 2023 Vittorio Sgarbi va in scena con Panella

BREVE STORIA DEL PIFFERO DI MONTAGNA

Di Iole Natoli

Puntata del 12 settembre di quest'anno

Tagadà, punto 32,54 del video di Martedì 12 settembre 2023.

C’era già stata una scaramuccia con Tiziana Panella in merito alle parole di Giambruno, ma al critico d’arte e anche onorevole, nonché sindaco di Arpino, quella prima provocazione non è bastata.

«Il mondo a rovescio», sostiene Sgarbi riferendosi al libro “Il mondo al contrario” del generale Vannacci, che con orgoglio manifesto ha difeso, corrisponderebbe per lui al sentire della maggioranza degli italiani, cosa che legittimerebbe lo scritto.
Panella replica che avrebbe molto da ridire sull’argomento, ma l’attore mancato di nome Sgarbi non vuole veder sforbiciata la sua parte. «È qualcosa che corrisponde al pensiero di tuo padre» insiste incauto, «ne sono sicuro».

Il volto di Panella ora è di ghiaccio. La giornalista senza muovere un muscolo risponde: 
«Mio padre? Mio padre è un uomo di grande intelligenza, escludo che legga il libro di Vannacci o che ne condivida il contenuto». 

E, ringraziandolo, molto elegantemente lo saluta.

15 Settembre 2023
 

© Iole Natoli

 

domenica 24 aprile 2022

È coerente con la Costituzione italiana inviare armi difensive all’Ucraina?

L’articolo 11 della Carta costituzionale italiana e l’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite 

di Iole Natoli

 

 


Leggo continuamente citazioni dell’art. 11 della Costituzione a presunto supporto di interpretazioni parziali e restrittive dello stesso, in relazione alla fornitura di armi da parte dell’Italia all’Ucraina, aggredita dalla Russia.

Ritengo che, prima di passare alla questione per la quale tale articolo viene ossessivamente citato, possa servire riflettere su un commento che l’ex Presidente della Corte costituzionale, Giancarlo Coraggio, ha espresso in merito ad alcuni articoli della Costituzione, intervistato da Giovanni Floris su un argomento diverso da quello che stiamo trattando.
Coraggio ha ricordato la frase ormai celebre del costituzionalista Gaetano Silvestri, inclusa in una sentenza sull’Ilva di Taranto, «Non esistono diritti tiranni», ovvero, ha spiegato, «non esistono diritti che prevalgono incondizionatamente sugli altri». Ogni soluzione a un apparente conflitto tra i diritti, ha aggiunto, deve essere «ragionevole e proporzionale».

Il criterio della complessità, ovvero della necessità di valutare gli articoli non isolatamente ma nel loro rapporto con gli altri, specie se attinenti, rappresenta in effetti la regola. Non si può comprendere appieno un articolo se non nel suo rapporto con l’insieme. Così adotto questo ineliminabile criterio per valutare la questione che qui ci interessa - la liceità o meno dell’invio di armi all’Ucraina in rapporto alla nostra Costituzione - e rilevo che per decidere occorre fare riferimento ad alcuni articoli di essa e a uno della Carta dell’ONU, che ci riguarda inevitabilmente a seguito della ratifica del 1957. Vediamo dunque quali sono gli articoli della nostra Carta Costituzionale da porre in rapporto con l’art. 11.

Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 11.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. 

Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di guerra [87°] e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (…) Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [78].

Art. 117, comma 2.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a), b), c)
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e), f), g), h), i), l), m), n), o), p),
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
ecc.

Concentriamoci adesso sull’art. 11, che contiene indicazioni specifiche.

Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente ecc.
Si sta dicendo che l’Italia ripudia la guerra in assoluto? No. Infatti la Carta afferma:

-       con l’art. 52, la necessità della difesa della Patria e del servizio militare;

-       con l’art. 78, che le Camere possano deliberare lo stato di guerra;

-       con l’art. 87, che il Presidente della Repubblica debba (dopo la delibera delle Camere) dichiarare lo stato di guerra, assumendo il comando delle forze armate;

-       con l’art. 117 comma 2, che Lo Stato ha legislazione esclusiva in tema di difesa e Forze armate, sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi.

Risultano esclusi dal secondo comma dell’art. 117 caramelle e cioccolatini, di pertinenza delle attività private dei cittadini di qualsiasi regione italiana.

Sostanzialmente, l’art. 11 nella prima parte della sua formulazione esclude che si faccia offesa agli altri popoli ma non tratta la questione della difesa del proprio territorio, cosa che invece è oggetto degli artt. 52, 78, 87 e 117, in rapporto a quanto affermato preliminarmente con l’art. 5: La Repubblica è una e indivisibile.

La difesa del territorio e dell’unità nazionale è dunque uno dei capisaldi della nostra Costituzione, che contempla il ricorso alle armi se l’unità nazionale viene posta sotto attacco. In altri termini, la difesa del territorio di uno Stato è considerata un valore assoluto (valore che riguarda il nostro territorio, ma che costituisce anche una lente attraverso cui osservare i conflitti e le guerre nel mondo).

Soffermiamoci ora sulla seconda parte della frase dell’art. 11:  «L'Italia ripudia la guerra (…) e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Cosa si intende per controversie internazionali? Sicuramente, una “controversia” non riguarda la possibilità di aggredire un altro Stato (cosa esclusa dall’intero corpo della Costituzione) né può riguardare il diritto della difesa, che infatti è trattato come elemento a parte e specifico. Possiamo anche affermare che non riguarda in nessun caso una condizione di guerra già attiva, ma serie divergenze di opinioni in merito a questioni di vario genere (territoriali, economiche o altro) che rivestono particolare importanza per le parti che in essa si contrappongono.
La controversia è dunque verbale o scritta ma non armata ed è previsto dalla nostra Carta che non degeneri in una guerra iniziata dall’Italia. Inoltre, la controversia non è qualcosa che si generi per interposta persona, ma tra due o più contendenti diretti. A riprova che nel caso specifico non si tratti di una “controversia” tra Italia e Russia, c’è il fatto che la Russia non ha chiesto all’Italia (e in verità a nessun altro Paese) cosa ne pensasse delle sue posizioni e pretese ideologiche sul Donbass, sulla Crimea, sulla Transnistria e sull’intera Ucraina, ma è partita direttamente all’attacco militare di uno stato sovrano. E avrà un bel da fare nel tentare di mimetizzare ridicolmente la realtà di una guerra chiamandola “operazione speciale”; di fatto ha violato non solo il Memorandum di Budapest del 1994, con cui si impegnava a riconoscere come inviolabili i confini dell’Ucraina, ma anche le norme del Consiglio di sicurezza di cui pure fa parte.
In sostanza, da nessun punto di vista l’art. 11 riguarda la situazione della guerra in corso tra Russia e Ucraina. Gli articoli della nostra Costituzione che invece ci pongono in rapporto con l’evento sono il 10 e l’80.

Art. 10
«L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute».

Art. 80
«Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi».

Ora, se l’articolo 10 ci inserisce in un sistema più ampio ed esclude che il nostro ordinamento possa essere considerato come un insieme di elementi in contrasto col diritto internazionale, l’articolo 80 ci VINCOLA alla Carta delle Nazioni Unite, ratificata dall'Italia con legge 17 agosto 1957 n. 848. La Carta delle Nazioni Unite rientra pertanto tra quei trattati che l’Italia si è impegnata a rispettare e attuare, come da art. 80 della nostra Costituzione.

In detta Carta è compreso l’art. 51 che recita:
«Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell'esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell'azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale».

Cosa comporta anche per l’Italia l’osservanza dell’art. 51?
“Autotutela individuale e collettiva” significa che uno stato aggredito può legittimamente chiedere aiuto ad altri stati dell’ONU, i quali sono legittimati, benché non obbligati, a prestarglielo. È il caso dell’Ucraina e delle forniture di armi da parte degli altri stati membri, quale aiuto collettivo all’autotutela di questo stato.

Sicuramente tra le libertà di un popolo non può essere inclusa la presunta libertà di un popolo di attaccarne un altro. Ne consegue che l’Italia non può avere in nessun modo l’obbligo di non offendere la falsa libertà della Russia di offendere la libertà dell’Ucraina. In altri termini, misure atte a contrastare l’attacco illecito compiuto da uno stato nei confronti di un altro, anche mediante assistenza con fornitura di armi, sono automaticamente lecite, e non comportano nessuna violazione dell’art. 11, come ostinatamente e impropriamente viene sostenuto da più parti.

Questo significa che l’invio di armi non presenti nessun rischio per l’Italia? No, significa soltanto che la questione va affrontata su altri fronti e cioè valutando la posizione degli Stati appartenenti alla NATO che, con l’escamotage formale della non partecipazione in quanto NATO ma in qualità di Stati singoli, sono comunque soggetti a ritorsioni ed espongono tutto l’Occidente ad attriti e possibili scenari da terza guerra mondiale.

Per comprendere meglio questo aspetto, sarà utile valutare l’affermazione, imprudente ma veritiera, consegnata al mondo oggi tramite Times Radio dal vice ministro della Difesa britannico James Heappey, per il quale non è un problema se gli ucraini, usando armi donate dalla Gran Bretagna, «identificano obiettivi in ​​Russia per interrompere gli attacchi», dato che l'Ucraina era un paese sovrano che viveva pacificamente all'interno dei propri confini e a violare i confini è stata la Russia, che ha deciso di invadere coi propri soldati quel Paese.

Nulla da eccepire sulla logica, effettivamente l’Ucraina è legittimata a difendersi anche contrattaccando e utilizzando qualsiasi arma di cui disponga per interrompere i rifornimenti che giungono all’esercito russo su terra ucraina.

Mostrando però “il re nudo”,  James Heappey ha rialzato il livello verbale dello scontro, scoprendo un ganglio pericoloso nella questione, perché qualora venissero colpiti uno o più membri dell’Alleanza, presenti a Kiev per addestrare e forse anche per guidare le operazioni militari dell’Ucraina, verrebbe coinvolta DIRETTAMENTE la NATO e allora sì che sarebbe terza guerra mondiale.

Come uscirne? Non barricandosi infantilmente dietro citazioni improprie e inefficaci dell’art. 11 della nostra Costituzione, ma attivando percorsi per la pace che non vedano in scena per le trattative solo la Russia e l’Ucraina, ma anche la NATO, quanto meno per soddisfare una delle motivazioni addotte da Putin quali “giustificazioni ufficiali” della sua guerra: la presenza di forze NATO ai confini della Federazione russa e la ventilata adesione all’Alleanza dell’Ucraina.

Leggi la Petizione: FERMARE LA GUERRA / IMMAGINARE LA PACE / UNA PROPOSTA 


24-26 aprile 2022

© Iole Natoli